Cardiomiopatia dilatativa

 

La cardiomiopatia dilatativa è una malattia che colpisce il muscolo cardiaco e che compromette la capacità del cuore di pompare efficientemente il sangue verso il resto dell’organismo.

Che cos’è la cardiomiopatia dilatativa?

La cardiomiopatia dilatativa è una patologia che colpisce in particolare il ventricolo sinistro, la parte del cuore che manda il sangue al resto dell’organismo tramite l’aorta. Si manifesta con un ingrossamento del ventricolo, correlato a una ridotta capacità di pompare il sangue (insufficienza cardiaca “sistolica” o “con bassa frazione di eiezione”). Nonostante in alcuni casi possa essere asintomatica, la cardiomiopatia dilatativa è una malattia che deve essere trattata in tempo, altrimenti si può arrivare a scompenso cardiaco, una sindrome caratterizzata dall’accumulo di liquidi nei polmoni (congestione polmonare), nell’addome, nelle gambe e nei piedi, insufficienza (ossia incontinenza) valvolare mitralica e/o tricuspidale secondaria alla dilatazione ventricolare, embolie, e aritmie che possono anche provocare morte improvvisa.

Da cosa può essere causata la cardiomiopatia dilatativa?

In molti casi non si può risalire alle cause dell’ingrossamento del cuore, per cui la cardiomiopatia dilatativa viene definita idiopatica. Il cuore può ingrossarsi per diversi motivi: mutazioni genetiche, difetti congeniti, infezioni, abuso di alcol o di sostanze stupefacenti, alcuni chemioterapici, esposizione a sostanze tossiche come il piombo, il mercurio e il cobalto, e malattie cardiovascolari come la cardiopatia ischemica e l’ipertensione arteriosa.

Con quali sintomi si manifesta la cardiomiopatia dilatativa?

Generalmente i sintomi della cardiomiopatia dilatativa sono quelli dello scompenso cardiaco oppure sono determinati da aritmie e possono comprendere pallore cutaneo, debolezza, facile faticabilità, respiro affannoso in condizione di sforzi a volte anche modesti o quando si è sdraiati, o si ha tosse secca persistente (in particolare da sdraiati), gonfiore addominale, delle gambe, dei piedi e delle caviglie, aumento improvviso di peso causato dalla ritenzione idrica, perdita di appetito, palpitazioni, capogiri o svenimenti.

Come prevenire la cardiomiopatia dilatativa?

È possibile ridurre il rischio di insorgenza di una cardiomiopatia dilatativa evitando il fumo, consumando alcol solo con moderazione, non facendo uso di sostanze stupefacenti, mantenendo il giusto peso e seguendo un regime alimentare sano ed equilibrato e un’attività fisica regolare adatta alle proprie condizioni di salute.

Diagnosi

In presenza dei sintomi di una possibile cardiomiopatia dilatativa il medico può prescrivere i seguenti esami:

Analisi del sangue: è possibile dosare il BNP (brain natriuretic peptide), che risulterà elevato in presenza di scompenso cardiaco; è possibile che si verifichino alterazioni degli indici di funzione epatica e renale, espressione della sofferenza di questi organi dovuta all’insufficienza cardiaca; nei casi più gravi sono presenti iposodiemia e anemia.

Radiografia del torace (RX torace): fornisce due importanti informazioni, la prima che riguarda le dimensioni del cuore e la seconda che interessa la presenza e il grado della congestione polmonare.

ECG: registra l’attività elettrica del cuore. Può presentare molteplici alterazioni, tra cui segni di pregresso infarto miocardico o segni di sovraccarico (affaticamento da “iperlavoro”) del ventricolo sinistro o aritmie.

Ecocardiogramma: è un test di immagine effettuato per visualizzare le strutture del cuore e il funzionamento delle sue parti mobili. Utilizzando una sonda appoggiata sulla sua superficie, l’apparecchio trasmette un fascio di ultrasuoni al torace e rielabora gli ultrasuoni riflessi che tornano alla stessa sonda dopo aver interagito in modo diverso con i vari elementi che compongono la struttura cardiaca (miocardio, valvole, cavità). Rappresenta l’esame cardine, in quanto consente di valutare le dimensioni e lo spessore delle pareti delle camere cardiache, la funzione contrattile (misurata con un parametro chiamato “frazione di eiezione”) e il funzionamento delle valvole, e di fare una valutazione della pressione polmonare.

Test da sforzo con consumo di ossigeno: l’esame è costituito dalla registrazione di un elettrocardiogramma nel momento in cui il paziente sta compiendo un esercizio fisico, solitamente mentre cammina su un tapis roulant o pedala su una cyclette; viene inoltre applicato un boccaglio per misurare i gas espirati. Per eseguire questo test vengono rispettati dei protocolli predefiniti. Consente di ricevere molteplici informazioni, tra cui le più importanti sono la resistenza all’esercizio del soggetto in esame e la comparsa di segni di ischemia sotto sforzo.

Coronarografia: è l’esame attraverso cui si possono visualizzare le coronarie effettuando un’iniezione di mezzo di contrasto radiopaco al loro interno. L’esame viene effettuato in un’apposita sala radiologica, nella quale vengono scrupolosamente seguite tutte le misure di sterilità necessarie. L’iniezione del contrasto nelle coronarie presuppone il cateterismo selettivo di un’arteria e l’avanzamento di un catetere fino all’origine dei vasi esplorati. Ha come scopo quello di escludere la presenza di una malattia coronarica significativa.

Cateterismo cardiaco: metodologia invasiva basata sull’introduzione di un piccolo tubo (catetere) in un vaso sanguigno; il catetere viene poi spinto fino al cuore e permette di acquisire informazioni importanti riguardo il flusso e l’ossigenazione del sangue e la pressione all’interno delle camere cardiache e delle arterie e delle vene polmonari. Viene utilizzato raramente; documenta un aumento delle pressioni di riempimento ventricolari e, nelle forme più gravi, riduzione della portata cardiaca (ossia della quantità di sangue pompata dal cuore) e ipertensione polmonare.

Biopsia endomiocardica: viene effettuata durante l’esecuzione del cateterismo cardiaco attraverso l’utilizzo di uno strumento chiamato biotomo. Di solito le biopsie si effettuano sul lato destro del setto interventricolare. Viene consigliata ai pazienti con cardiomiopatia dilatativa di recente riscontro e scompenso cardiaco “fulminante” per scoprire la presenza di miocardite e, nel caso, capire di che tipo sono le cellule che sostengono il processo infiammatorio, perché ciò ha un importante valore prognostico.

Risonanza magnetica (RM) cardiaca con mezzo di contrasto: vengono prodotte immagini dettagliate della struttura del cuore e dei vasi sanguigni tramite la registrazione di un segnale emesso dalle cellule sottoposte a un intenso campo magnetico. Fornisce le stesse informazioni dell’ecocardiogramma, ma permette una miglior valutazione del ventricolo destro e, in più, una valutazione della “struttura” del miocardio, portando così ad individuare la presenza di processi infiammatori e di aree di fibrosi (cicatrici).

TC cuore con mezzo di contrasto: è un esame di diagnostica basato su immagini che comporta l’esposizione a radiazioni ionizzanti. Fornisce informazioni analoghe a quella dell’RM. Utilizzando gli apparecchi attuali, se si somministra mezzo di contrasto per via endovenosa, si può ricostruire il lume coronarico e ottenere informazioni su eventuali restringimenti critici.

Indagini genetiche: vengono effettuate analizzando il DNA dei globuli bianchi che sono presenti in un campione di sangue ottenuto attraverso un comune prelievo venoso. In caso di cardiomiopatie dilatative familiari si può effettuare la ricerca delle mutazioni genetiche correlate allo sviluppo di cardiomiopatia dilatativa; se viene identificata una mutazione correlata allo sviluppo di cardiomiopatia dilatativa, si potrà poi procedere allo studio dei familiari “sani”: potranno essere rassicurati sul fatto che non svilupperanno la patologia gli individui per cui la ricerca della mutazione risulterà negativa.

Trattamenti

Quando si giunge a conoscere la causa della cardiomiopatia dilatativa, se possibile questa va rimossa o corretta. Indipendentemente dalla causa, si deve effettuare la terapia per l’insufficienza cardiaca, per migliorare i sintomi e aumentare la sopravvivenza. Attualmente la terapia per l’insufficienza cardiaca include:

Farmaci: ACE-inibitori/sartani, beta-bloccanti, anti-aldosteronici, diuretici, digossina.

L’impianto di un pacemaker (PM) biventricolari e/o un defribrillatore automatico (ICD).

Nei casi più gravi, refrattari ai trattamenti sopra indicati: l’impianto di dispositivi di assistenza ventricolare sinistra (LVAD) e/o il trapianto di cuore.