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Sorafenib

Sorafenib

 

S’impiega nel trattamento di tumori al rene, al fegato o alla tiroide.

 

Che cos’è il sorafenib?

Questo farmaco contribuisce a bloccare la crescita delle cellule tumorali inibendo gli enzimi chinasi.

 

Come si assume il sorafenib?

Si somministra sotto forma di compresse. L’assunzione deve avvenire a stomaco vuoto (almeno un’ora prima o due ore dopo aver mangiato) e le compresse devono essere ingerite rigorosamente intere.

 

Effetti collaterali del sorafenib

Può ridurre il numero di piastrine e le capacità di combattere le infezioni. Può altresì aumentare la pressione e scatenare emorragie, gravi problemi gastrointestinali o epatici e gravi reazioni cutanee.

Fra gli altri suoi possibili effetti indesiderati si possono includere:

calo dell’appetito

dolore a bocca, ossa, muscoli, stomaco o articolazioni

senso di nausea

variazioni del sapore

sensazione di stanchezza

cambiamenti della voce

conati di vomito

costipazione

scariche di diarrea

cute secca

perdita o assottigliamento dei capelli

mal di testa

stato di debolezza

perdita di peso corporeo

 

È importante ricorrere subito alle cure di un medico in caso di:

rash

orticaria

prurito

difficoltà a respirare

senso di pesantezza o oppressione o dolore al petto

gonfiore a bocca, volto, labbra o lingua

insolita raucedine

flusso mestruale più abbondante del solito

dolori, crampi o debolezza ai muscoli

epistassi frequente

intorpidimento a braccia o gambe

debolezza da un singolo lato del corpo

cute arrossata, gonfia, con vesciche o che si desquama

arrossamenti, dolore, gonfiore, intorpidimenti, ulcere o vesciche ai palmi delle mani o alle piante dei piedi

sintomi convulsivi

capogiri, sensazione di testa leggera o mal di testa forti o persistenti

forti mal di stomaco, vomito o nausea

fiato corto

difficoltà nel parlare

improvviso aumento della sudorazione

improvviso aumento di peso corporeo

gonfiore, vesciche, dolori o arrossamenti in bocca o in gola

gonfiore a caviglie, mani o piedi

ferite che non si rimarginano

feci scure o con sangue

urine con sangue

stato di confusione

sangue nell’espettorato o nello sputo

problemi alla sfera sessuale

minzione ridotta

sintomi depressivi

svenimenti

battito accelerato o irregolare

febbre, brividi o tosse o mal di gola persistenti

emorragie o lividi

insolite stanchezza o debolezza

insolite emorragie vaginali

vomito simile a caffè

 

Controindicazioni e avvertenze

Il suo impiego può essere controindicato in caso di sindrome del QT lungo congenita e di trattamento con carboplatino e paclitaxel contro il carcinoma polmonare a cellule squamose.

Prima della cura è importante rendere edotto il medico:

circa la presenza di eventuali allergie al principio attivo, ai suoi eccipienti, a qualsiasi altro farmaco, ad alimenti o ad altre sostanze

dei medicinali, dei fitoterapici e degli integratori già assunti in passato, citando in particolare i farmaci che possono causare un prolungamento dell’intervallo QT, fenobarbital, primidone, rifamicine, warfarin, carbamazepina, dexametasone, idantoine, nevirapina, neomicina (per via orale e iperico

se si soffre (o si è sofferto in pregresso) di scompenso cardiaco o altri problemi al cuore, disturbi gastrointestinali, problemi epatici, renali o alla tiroide, dolore al petto, pressione alta, emorragie e problemi nei livelli di elettroliti nel sangue

se si è mai stati curati per un cancro al polmone

in caso di intervento chirurgico (recente o programmato)

in caso di donne gravide o in fase di allattamento

È importante far sapere a medici, chirurghi e dentisti dell’assunzione di sorafenib.

Inoltre, sia in corso di trattamento che nelle due settimane successive alla sua interruzione, le donne e gli uomini in fertili devono utilizzare efficaci strumenti contraccettivi.

Trastuzumab

Trastuzumab

 

Viene utilizzato per trattare alcune forme di tumore al seno e – in alcuni pazienti – di cancro all’esofago o allo stomaco.

 

Che cos’è il trastuzumab?

E’ un anticorpo monoclonale che agisce riconoscendo le cellule tumorali e impedendo loro di crescere e riprodursi.

 

Come si assume il trastuzumab?

Si somministra tramite infusione in vena. Può essere utilizzato da solo o in combinazione con altri medicinali.

 

Effetti collaterali del trastuzumab

Può abbassare il numero di piastrine, scatenare gravi problemi polmonari o cardiaci e ridurre la capacità dell’organismo di combattere le infezioni.

In alcuni soggetti è stata osservata una grave reazione alla somministrazione del farmaco; i suoi sintomi compaiono di solito entro le 24 ore successive all’infusione.

Fra gli altri suoi possibili effetti indesiderati si possono includere:

lieve febbre, brividi

lievi dolori a livello muscolare

senso di nausea

irritazione a naso, seni paranasali o gola

naso chiuso o che cola

dolori o fastidi allo stomaco

sensazione di stanchezza

stato d’insonnia

conati di vomito

perdita di peso corporeo

dolori alla schiena, alle ossa o alle articolazioni

costipazione

scariche di diarrea

capogiri

alterazioni delle unghie

mal di testa

calo dell’appetito

 

È importante rivolgersi subito ad un medico nel caso di:

rash

orticaria

prurito

difficoltà a respirare

senso di pesantezza o oppressione o dolore al petto

gonfiore a bocca, volto, labbra o lingua

nausea, vomito o diarrea forti o persistenti

infezioni della cute

aumento improvviso e inspiegabile di peso corporeo

bruciori, intorpidimenti o pizzicore

dolore, gonfiore o piaghe in bocca o sulla lingua

capogiri, sensazione di testa leggera o mal di testa forti o persistenti

gonfiore di mani, caviglie o piedi

sintomi di infezione

lividi o emorragie

insolite stanchezza o debolezza

respiro sibilante

arrossamenti, gonfiore, dolore o sensibilità a gambe o polpacci

variazioni quantitative di urina prodotta

minzione dolorosa o difficoltosa

sintomi depressivi

svenimenti

battito accelerato o irregolare

dolori, debolezza o crampi muscolari

tosse, fiato corto o difficoltà respiratorie (nuovi o in peggioramento)

dolore, arrossamenti o gonfiore al punto di iniezione

 

Controindicazioni e avvertenze

Non deve essere assunto durante la gravidanza.

Prima dell’impiego è fondamentale informare il medico:

circa la presenza di eventuali allergie al principio attivo, ai suoi eccipienti, a qualsiasi altro farmaco, ad alimenti o ad altre sostanze (in particolare alle proteine delle cellule dell’ovaio di criceto cinese e all’alcol benzilico)

dei medicinali, dei fitoterapici e degli integratori già assunti in passato, in particolare antracicline

se si soffre (o si è sofferto in passato) di pressione alta, disturbi renali, infezioni croniche, problemi polmonari o respiratori e problemi al midollo osseo

in caso di precedente trattamento con antracicline o con radiazioni

in caso di donne gravide o in fase di allattamento

È importante far sapere a medici, chirurghi e dentisti dell’assunzione di trastuzumab.

Durante la cura non bisogna sottoporsi a vaccini vivi.

Le donne in età fertile devono utilizzare efficaci metodi anticoncezionali sia in corso di cura che nei sette mesi successivi la sua interruzione.

Può compromettere le capacità di guida o di manovra di macchinari pericolosi; tale effetto collaterale può essere aggravato dall’alcol e da alcuni medicinali.

Vemurafenib

Vemurafenib

 

S’impiega nel trattamento di alcune forme di tumore alla pelle.

 

Che cos’è il vemurafenib?

Esso esplica la sua azione bloccando l’azione di un enzima che, se mutato, promuove la crescita e la proliferazione delle cellule tumorali, nonché la formazione di metastasi.

 

Come si assume il vemurafenib?

Si assume per via orale, sotto forma di compresse (da deglutire intere accompagnate da un bicchiere d’acqua).

 

Effetti collaterali del vemurafenib

Può aumentare il rischio di sviluppare alcuni tipi di tumori cutanei e aumentare la sensibilità della pelle alla luce solare.

Fra gli altri suoi possibili effetti indesiderati si possono includere:

scariche di diarrea

costipazione

capogiri

cute secca

perdita dei capelli

mal di testa

dolori a livello articolare

perdita dell’appetito

senso di nausea

cambiamenti del gusto

ispessimento della cute

sensazione di stanchezza

conati di vomito

stato di debolezza

 

È raccomandabile contattare subito un medico in caso di:

rash

orticaria

difficoltà a respirare

senso di pesantezza o oppressione al petto

gonfiore a bocca, volto, labbra o lingua

insolita raucedine

bruciore, intorpidimento o pizzicori

dolore, gonfiore o arrossamento degli occhi

svenimenti

battito accelerato o irregolare

stato febbrile

sensazione di testa leggera

vesciche in bocca

dolori a livello muscolare

debolezza, dolori o crampi a livello muscolare

pelle rossa, gonfia, con vesciche o che si desquama

sintomi convulsivi

capogiri o mal di testa forti o persistenti

gonfiore a mani, piedi o caviglie

stato di disidratazione

problemi ai reni

pancreatite

pizzicore, dolore, arrossamento o gonfiore dei palmi delle mani o delle piante dei piedi

problemi visivi

 

Controindicazioni e avvertenze

Può essere controindicato se vi sono alcune irregolarità del battito cardiaco o altre anomalie nei livelli di elettroliti nel sangue. Inoltre non dovrebbe essere assunto contestualmente ad asenapina, citalopram o qualsiasi altro farmaco che può aumentare il rischio di prolungamento dell’intervallo QT.

Prima di assumerlo è importante informare il medico:

circa la presenza di eventuali allergie al principio attivo, ai suoi eccipienti, a qualsiasi altro farmaco, ad alimenti o ad altre sostanze

dei medicinali, dei fitoterapici e degli integratori già assunti, in particolare quelli a base di caffeina

se si soffre (o si è sofferto in passato) di problemi cardiaci, pressione alta, diabete, svenimenti, problemi epatici o renali, cancro alla pelle, vomito, diarrea, disidratazione, disturbi dell’alimentazione, problemi ai nervi o al sistema nervoso, problemi agli occhi o alla vista, disturbi al pancreas, bassi livelli di elettroliti nel sangue o problemi alla pelle

in caso di esposizione cronica alla luce sole

se si è a rigida dieta

se si assume caffeina

in presenza di casi in famiglia di prolungamento dell’intervallo QT o di morte improvvisa prima dei 59 anni a causa di problemi cardiaci

in caso di donne gravide o in fase di allattamento

Può compromettere le capacità di guida e di manovra di macchinari pericolosi; tale effetto indesiderato può essere aggravato dall’alcol e da alcuni medicinali.

Le donne fertili e gli uomini devono utilizzare appropriati metodi anticoncezionali sia quando assumono il farmaco, sia almeno per i 2 mesi successivi all’interruzione della cura.

È importante informare medici, chirurghi e dentisti del suo utilizzo.

Venlafaxina

Venlafaxina

 

S’impiega nel trattamento della depressione, dell’ansia e degli attacchi di panico.

 

Che cos’è la venlafaxina?

E’ un inibitore della ricaptazione della serotonina e della noradrenalina (SSNRI), che esplica la sua azione influenzando i livelli cerebrali di molecole che, se presenti in quantità sbilanciate, possono condurre alla depressione.

 

Come si assume la venlafaxina?

Si somministra per via orale, a stomaco pieno.

 

Effetti collaterali della venlafaxina

Può generare falsi positivi nei test antidroga. Inoltre, se assunto insieme a Fans, può aumentare il rischio di emorragie.

Fra gli altri suoi possibili effetti collaterali si possono includere:

mal di testa

ansia

nervosismo

battito accelerato

tremori

stato di insonnia

sogni strani

senso di stanchezza

sudorazione in aumento

problemi alla sfera sessuale

problemi alla vista

senso di nausea

conati di vomito

scariche di diarrea

variazioni dell’appetito

variazioni del peso

fauci secche

sbadigli

capogiri

 

È importante rivolgersi subito ad un medico in caso di:

rash

orticaria

difficoltà a respirare

senso di pesantezza o oppressione al petto

gonfiore a bocca, volto, labbra o lingua

vista appannata o a tunnel o presenza di aloni attorno a luci

gonfiore o dolore agli occhi

lividi

tosse

sintomi convulsivi

sintomi di livelli eccessivi di serotonina: agitazione, allucinazioni, febbre, riduzione delle capacità di coordinazione, sensazione di instabilità, battito cardiaco accelerato, riflessi iperattivi, nausea, vomito e diarrea

forti reazioni nervose (come rigidità muscolare, febbre alta, confusione o tremori)

 

Controindicazioni e avvertenze

Può essere controindicata in presenza di glaucoma ad angolo stretto o in caso di iniezioni di blu di metilene. Non deve essere altresì assunta durante l’allattamento e in caso di trattamento con un MAO inibitore nei 14 giorni precedenti.

Prima di assumerla è importante notiziare il medico:

circa la presenza di eventuali allergie al principio attivo, ai suoi eccipienti, a qualsiasi altro farmaco (in particolare alla desvenlafaxina), ad alimenti o ad altre sostanze

dei medicinali, dei fitoterapici e degli integratori già assunti in passato (in particolare iperico, tramadolo, triptofano, anticoagulanti, altri antidepressivi Fans, cimetidina, farmaci contro i disturbi dell’umore o psicofarmaci e medicinali contro l’emicrania)

se si sta transitando dal trattamento con altro depressivo alla venlafaxina

se si soffre (o si è sofferto in pregresso) di disturbo bipolare, cirrosi o altri problemi epatici, , pressione o colesterolo alti, diabete, glaucoma ad angolo stretto, malattie della tiroide, convulsioni, malattie renali o cardiache, malattie del sangue o disturbi della coagulazione o bassi livelli ematici di sodio

in caso di donne gravide o in fase di allattamento

Prima che il trattamento esplichi il suo effetto possono essere necessarie anche 4 settimane. L’assunzione del medicinale non deve essere sospesa, in alcun caso, senza la preventiva autorizzazione del medico.

Può alterare i tempi di reazione ed i suoi effetti collaterali possono essere aggravati dall’alcol.

Terapie farmacologiche per il trattamento delle aritmie

Terapie farmacologiche per il trattamento delle aritmie

 

In caso di aritmie cardiache si ricorre spesso al trattamento farmacologico attraverso la somministrazione di farmaci antiaritmici o antiaggreganti/anticoagulanti. In entrambi i casi i pazienti sono sottoposti a monitoraggio durante la terapia.

 

Di cosa si tratta?

Il trattamento farmacologico rappresenta spesso il primo presidio utilizzato per i pazienti soggetti ad aritmie cardiache. Le classi di farmaci che si utilizzano maggiormente sono gli antiaritmici veri e propri e i farmaci antiaggreganti/anticoagulanti, che spesso risultano necessari in considerazione dell’aumentato rischio trombotico di diverse aritmie.

 

L’assunzione di farmaci antiaritmici di qualunque classe rende necessario che i pazienti si sottopongano a periodico monitoraggio cardiologico allo scopo di valutarne l’efficacia e l’eventuale comparsa di effetti collaterali.

 

I pazienti che assumono farmaci anticoagulanti orali devono sottoporsi ad uno scrupoloso monitoraggio dell’entità della scoagulazione del sangue attraverso esami del sangue periodici; tali esami guidano nella scelta del dosaggio dei farmaci per poter ottenere il miglior profilo coagulativo possibile (maggior beneficio e minor rischio di effetti collaterali come il sanguinamento).

 

 

Elettrofisiologia ed elettrostimolazione, trattamenti e tecnologie per curare il cuore

Elettrofisiologia ed elettrostimolazione, trattamenti e tecnologie per curare il cuore

 

Unità Operativa di Elettrofisiologia ed Elettrostimolazione

Responsabile: dott. Maurizio Gasparini

 

Le malattie che vengono trattate

L’Unità operativa di Elettrofisiologia ed elettrostimolazione si occupa del trattamento di:

Aritmie cardiache

Bradiaritmie

Displasia o cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro (ARVD/C)

Fibrillazione atriale (FA)

Fibrillazione ventricolare (FV)

Ipertensione

Long QT syndrome (LQTS)

Scompenso cardiaco

Sindrome di Brugada

Sindrome di Wolff-Parkinson-White (WPW)

Tachicardia da rientro nodale (TRN)

Tachicardia ventricolare (TV)

Tachicardie atriali

 

Terapie e trattamenti

Trattamenti farmacologici per il trattamento delle aritmie

Ablazione trans catetere

Ablazione della fibrillazione atriale

Ablazione delle tachicardie atriali (tachicardia atriale focale, flutter atriale)

Ablazione delle tachicardie da rientro (tachicardia da rientro nodale, tachicardia da rientro atrioventricolare)

Occlusione percutanea dell’auricola sinistra

Impianto di dispositivo antibradicardico (pacemaker)

Impianto di dispositivo antitachicardico (defibrillatore)

Stimolazione biventricolare per trattare lo scompenso cardiaco refrattario

Cardioversione elettrica esterna

 

Tecnologie impiegate nel trattamento

Per tutti i trattamenti si utilizzano delle tecnologie all’avanguardia per la cura del paziente:

Sistema di navigazione magnetica remota niobe stereotaxis

Carto 3

Dyna CT

Telemedicina (CareLink)

Cardioversione elettrica esterna

Cardioversione elettrica esterna

 

Che cos’è la cardioversione elettrica esterna?

La cardioversione elettrica esterna è una procedura con cui si possono interrompere aritmie cardiache effettuando una sorta di “reset” dell’impianto elettrico del cuore. Si può eseguire come procedura programmata o in fase di urgenza/emergenza.

 

Funzionamento della cardioversione elettrica esterna

La cardioversione elettrica può essere eseguita sia in elezione (procedura programmata) sia in urgenza/emergenza per trattare aritmie mal tollerate dal paziente dal punto di vista emodinamico e che possono determinare riduzioni della performance cardiaca, condizione che può portare a ipotensione, mancanza di fiato, angina pectoris o sincope.

Lo shock elettrico sincronizzato può essere erogato attraverso la parete toracica mediante delle piastre collegate a un defibrillatore esterno; queste piastre possono essere manuali (posizionate dall’operatore al momento dell’esecuzione) o adesive e in genere sono posizionate a livello del torace e della schiena.

 

Come avviene la procedura?

Si effettua in sedazione profonda (ovvero il paziente viene addormentato, ma mantiene funzioni vitali autonome, per cui non è richiesto supporto ventilatorio meccanico). Al paziente si eroga una scossa elettrica che attraversa il cuore attivandone tutte le cellule simultaneamente e causando nella quasi totalità dei casi un arresto dell’aritmia e il ripristino del normale ritmo sinusale.

La procedura si effettua sempre in ambito ospedaliero nelle sale attrezzate di elettrofisiologia, sotto il controllo di un’equipe costituita da un cardiologo, un anestesista e un infermiere. Prima, durante e dopo l’erogazione dello shock vengono controllati tutti i parametri vitali.

Se l’origine dell’aritmia è superiore alle 72 ore o ignota, l’esecuzione della procedura è subordinata all’esito di un ecocardiogramma transesofageo, effettuato allo scopo di escludere l’eventuale presenza di trombi all’interno delle cavità cardiache (sembra che il rischio di questa evenienza sia aumentato in tutti i pazienti soggetti a aritmie cardiache).

Una volta terminata la procedura e ripristinato il normale ritmo cardiaco, il paziente continua ad essere monitorizzato per alcune ore per poter valutare la stabilità del ritmo. La procedura comporta il ricovero ospedaliero e una notte di degenza.

 

La cardioversione elettrica esterna è dolorosa o pericolosa?

In genere la procedura è molto ben tollerata poiché viene effettuata in sedazione profonda.

 

Chi può sottoporsi al trattamento?

Possono essere sottoposti a cardioversione elettrica tutti i pazienti affetti da aritmie cardiache che si sono generate di recente, non databili, ma al primo episodio o per le quali sia stata esclusa la strategia ablativa.

 

Follow-up

Le successive valutazioni cliniche e strategie terapeutiche vengono pianificate caso per caso.

 

 

Angioplastica carotidea e stenting

Angioplastica carotidea e stenting

 

L’angioplastica carotidea è una procedura non invasiva di Interventistica Radiologica, con la quale si può eseguire la rimozione di ostruzioni presenti nelle carotidi, le due principali arterie del collo che portano il sangue dal cuore al cervello. È possibile, infatti, che questi due vasi arteriosi si restringano (stenosi), principalmente a causa dell’aterosclerosi, patologia caratterizzata dall’accumulo di placche di grasso, riducendo o interrompendo del tutto il flusso del sangue al cervello, con un elevato rischio di ictus. Con la stessa procedura effettuata attraverso l’introduzione nei vasi sanguigni di piccole cannule in anestesia locale è possibile anche procedere al posizionamento di cilindri metallici (stent) che mantengono la dilatazione delle carotidi evitando che possano restringersi e chiudersi di nuovo.

 

Che cos’è l’angioplatica carotidea e stenting?

Nonostante siano recenti, l’angioplastica carotidea e lo stenting sono procedure già ampiamente consolidate nella pratica medica. Possono sostituire l’intervento chirurgico, permettendo di pulire e liberare le arterie carotidi da accumuli di grasso che rappresentano un ostacolo al passaggio del sangue e possono ridurre il flusso di ossigeno al cervello, provocando l’infarto cerebrale anche noto come ictus. Le cause più comuni sono colesterolo alto, ipertensione e fumo. Oltre a chiudersi per l’accumulo di placche aterosclerotiche, nelle carotidi si possono anche formare pericolosi trombi, ossia coaguli di sangue che occludono il vaso sanguigno in cui si sono formati, o si muovono bloccando il passaggio in altri punti del sistema sanguigno.

Nella procedura è incluso anche l’inserimento di una sottile cannula (catetere) all’altezza dell’inguine, nell’arteria femorale. L’intervento viene eseguito in anestesia locale, in modo tale che il paziente possa riferire le proprie sensazioni durante la procedura. Le immagini radiografiche guidano il catetere fino al punto occluso dalle placche. In seguito, si prosegue con la dilatazione del tratto malato e con il posizionamento di un tubicino in rete metallica (stent), costituito da materiale compatibile con l’organismo umano. Lo stent viene rilasciato nella parte del vaso sanguigno soggetta a restringimento per proteggere le pareti delle arterie ed evitare che tornino a chiudersi.

La procedura dura per un tempo di circa 1-2 ore. Generalmente il paziente viene dimesso il giorno successivo all’intervento.

 

Quale ospedalizzazione viene richiesta?

La procedura avviene in anestesia locale. Il paziente resta sveglio mentre tutto l’intervento viene eseguito e ha la possibilità di riferire allo staff sanitario ogni sensazione. Lo staff di anestesiologi è sempre presente durante l’intervento per monitorare tutti i parametri correlati alla procedura.

 

Quali sono i vantaggi dell’angioplastica carotidea e stenting?

Come tutte le procedure mediche, l’angioplastica carotidea presenta un profilo di rischio che viene stimato rispetto ai benefici che si possono ottenere dalla procedura, ossia la riduzione di un alto rischio di ictus o di trombosi. L’angioplastica viene indicata se la stenosi supera il volume del vaso sanguigno del 75% oppure se il paziente è a rischio di ictus o è già stato colpito da ictus.

Nei casi in cui i pazienti non possano o non vogliano sottoporsi alla chirurgia un trattamento alternativo all’intervento (endoarteriectomia arteriosa) è rappresentato dall’angioplastica.

Ci sono dei rischi legati al possibile distacco di frammenti delle placche aterosclerotiche che immettendosi nel circolo sanguigno giungono al cervello provocando un attacco ischemico transitorio (2-3% dei casi) o ictus ischemico (1,2% dei casi). Tali eventualità vengono evitate attraverso l’introduzione di speciali barriere (chiamate “filtri”) che consentono il trasporto all’esterno delle scorie prelevate durante la pulizia delle carotidi.

 

È doloroso o pericoloso?

Il trattamento è indolore, in quanto viene eseguito in anestesia locale.

Le complicanze più gravi sono l’attacco ischemico transitorio e l’ictus ischemico. Altre conseguenze più rare possono essere difficoltà respiratorie, battiti cardiaci irregolari, perdita di coscienza. Nell’1% dei casi è possibile avere reazioni minori come starnuti o nausea e un peggioramento temporaneo della funzione renale, correlato all’uso del mezzo di contrasto per la guida del catetere che viene progressivamente espulso attraverso il consumo abbondante d’acqua nelle ore successive all’intervento.

 

Chi può sottoporsi al trattamento?

I candidati vengono selezionati seguendo dei criteri medici e radiologici, allo scopo di individuare le caratteristiche che rendono l’angioplastica più opportuna ed efficace, ma ugualmente sicura, rispetto al trattamento chirurgico.

 

Follow-up

Dopo l’angioplastica il paziente deve restare a letto e a riposo per 12-24 ore durante le quali le sue condizioni di salute sono sottoposte al monitoraggio costante.

Nei mesi successivi sono previsti nuovi controlli per escludere la probabilità di restenosi, che si ha quando il vaso sanguigno torna a restringersi.

 

Norme di preparazione

Prima della procedura, si sottopone il paziente a una vista accurata in cui si procede alla raccolta di tutti i dati concernenti la sua salute e quella dei familiari più stretti.

Vengono effettuati gli esami per valutare lo stato delle arterie: ecodoppler carotideo, ed Angio-Tc dei vasi del collo. Prima dell’intervento si comunicano al paziente tutte le informazioni su ciò che può mangiare e bere e fino a quando. Se il paziente assume farmaci, lo staff sanitario comunicherà quali dovrà eventualmente sospendere, in particolare se assume farmaci per la cura del diabete o antiaggreganti.

Ablazione trans catetere della tachicardia da rientro nodale

Ablazione trans catetere della tachicardia da rientro nodale

 

Una volta risolto l’episodio aritmico, si può procedere con lo studio elettrofisiologico con ablazione trans catetere del circuito della tachicardia, che attualmente rappresenta la terapia riconosciuta come gold standard per il trattamento della tachicardia da rientro nodale. Nei pazienti con doppia via nodale il decorso della via rapida all’interno del nodo atrioventricolare corrisponde al tratto superiore e anteriore, mentre il tratto posteriore corrisponde alla via lenta.

Lo studio elettrofisiologico comporta l’esecuzione di stimolazioni atriali e ventricolari allo scopo di evidenziare la presenza della duplicità nodale AV. Dopo aver confermato la presenza di doppia via nodale e dopo aver fatto diagnosi di TRN, si prosegue con l’ablazione della via lenta che consiste nell’erogazioni di polsi puntiformi, millimetrici, di radiofrequenza, effettuati con un catetere ablatore, in corrispondenza della via lenta, in modo tale da interrompere la conduzione elettrica lungo uno dei due bracci del cortocircuito (la via lenta anterograda).

Dopo aver eliminato la via lenta viene nuovamente eseguito lo studio elettrofisiologico in modo da confermare la buona riuscita della procedura, registrando l’impossibilità a comportare di nuovo tachicardie. L’esame elettrofisiologico e l’ablazione vengono eseguiti in anestesia locale, eseguita a livello inguinale destro.

Gli elettrocateteri necessari per lo studio elettrofisiologico e per l’ablazione vengono inseriti mediante la puntura della vena femorale. Il pomeriggio stesso il paziente si può alzare e la mattina successiva può essere dimesso.

Ablazione trans catetere

Ablazione trans catetere

 

L’ablazione trans catetere rappresenta una procedura terapeutica mirata al trattamento e all’eliminazione di diverse aritmie cardiache mediante la bruciatura, in seguito all’erogazione di radiofrequenza del sito o della via anomala che determinano l’aritmia.

 

Che cos’è l’ablazione trans catetere?

L’ablazione trans catetere è una procedura terapeutica capace di trattare ed eliminare molte delle aritmie cardiache tramite la bruciatura, con radiofrequenza, del sito o della via anomala interessati dalla genesi dell’aritmia stessa.

L’esecuzione di questa procedura viene effettuata dopo lo studio elettrofisiologico, ossia un altro esame che consiste nel valutare il sistema elettrico del cuore e che rappresenta la base per la successiva caratterizzazione ed eliminazione dell’eventuale aritmia presente.

 

Funzionamento dell’ablazione trans catetere

L’esecuzione dell’ablazione trans catetere avviene attraverso l’erogazione di energia elettrica (radiofrequenza) dalla punta metallica di un particolare elettrocatetere, di materiale plastico, che viene introdotto per via venosa (generalmente femorale) e portato, sotto guida fluoroscopia (raggi X) all’interno del cuore; l’erogazione di energia elettrica determina un riscaldamento della punta metallica, e tale riscaldamento causa delle piccolissime bruciature. In base alla lettura dei segnali elettrici riportati, si posiziona il catetere nel punto in cui appare più facile l’ottenimento dell’interruzione dell’aritmia; con questa metodica si applica la radiofrequenza soltanto nei punti interessati dalla genesi dell’aritmia e il tessuto miocardico normale non viene danneggiato.

 

Come avviene la procedura?

Le ablazioni trans catetere in gran parte vengono eseguite quando il paziente è cosciente (tranne nel caso dell’ablazione della fibrillazione atriale) e pertanto in qualsiasi momento è possibile per il paziente comunicare con il medico operatore, segnalando ogni eventuale disturbo. In gran parte dei casi, tuttavia, la procedura non dà luogo ad una particolare sintomatologia se non una lieve sensazione di bruciore mentre viene erogata la radiofrequenza. Perché la procedura abbia successo è necessario avere la collaborazione del paziente, il quale deve muoversi il meno possibile (in special modo mentre viene erogata la radiofrequenza) per evitare che il catetere ablatore cambi posizione, evenienza che potrebbe influire sull’esito positivo della procedura stessa.

 

 

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