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Trombosi venosa profonda

Trombosi venosa profonda

 

Ciò che caratterizza la trombosi venosa profonda è la formazione di un coagulo di sangue (o trombo) in una o più vene localizzate in profondità. Solitamente sono i vasi sanguigni presenti nelle gambe a essere coinvolti.

Che cos’è la trombosi venosa profonda?

La trombosi venosa profonda è una patologia seria: è possibile, infatti, che i coaguli di sangue presenti nelle vene profonde si stacchino e vengano trasportati fino ai polmoni, dove bloccano il flusso sanguigno determinando la cosiddetta embolia polmonare. Il rischio di sviluppare una trombosi venosa profonda può essere incrementato da diversi fattori: rimanere seduti o sdraiati a lungo (ad esempio durante un viaggio aereo o un ricovero in ospedale), malattie ereditarie che compromettono la corretta coagulazione del sangue, traumi o interventi chirurgici, il sovrappeso e l’obesità, il fumo, la gravidanza, l’assunzione della pillola anticoncezionale o della terapia ormonale sostituiva, alcune forme di cancro, un arresto cardiaco, essere portatori di pacemaker, cateteri inseriti in una vena e casi di trombosi venosa profonda in famiglia.

Da cosa può essere causata la trombosi venosa profonda?

La causa della trombosi venosa profonda è rappresentata dalla formazione di un coagulo di sangue in una o più vene localizzate in profondità, vicino ai muscoli. La formazione di questo coagulo può essere correlata ad alterazioni della parete vascolare o del flusso del sangue o a un incremento della coagulazione del sangue.

Con quali sintomi si manifesta la trombosi venosa profonda?

Generalmente la trombosi venosa profonda è asintomatica; in alcuni casi può manifestarsi con gonfiore e dolore alla gamba, alla caviglia e al piede, crampi ai polpacci, riscaldamento dell’area interessata e cambiamenti del colore della pelle (che può risultare pallida, arrossata o cianotica).

Come si può prevenire la trombosi venosa profonda?

Per prevenire la trombosi venosa profonda è opportuno seguire le indicazioni del proprio medico in relazione all’eventuale assunzione di farmaci o all’utilizzo di calze contenitive. È necessario evitare periodi di immobilità prolungata; se si è costretti a stare seduti a lungo bisogna alzarsi di tanto in tanto o muovere le gambe, anche premendo i piedi sul pavimento.

Per ridurre i rischi è importante anche mantenere il peso forma, non fumare e tenere sotto controllo la pressione.

Tromboflebite

Tromboflebite

 

Si definisce tromboflebite l’infiammazione di una o più vene collegata a un rigonfiamento provocato da un coagulo di sangue; colpisce più frequentemente le vene delle gambe.

Che cos’è la tromboflebite?

I rigonfiamenti correlati a coaguli di sangue interessano più di frequente le vene che scorrono nelle gambe, ma in alcune situazioni possono coinvolgere le braccia o il collo. Quando la vena affetta è in superficie si tratta di tromboflebite superficiale, mentre se si trova più vicino ai muscoli si parla di trombosi venosa profonda. Il rischio di formazione di emboli è incrementato dalla presenza di coaguli nelle vene più profonde; raramente, invece, una tromboflebite superficiale può determinare una serie complicazioni.

Da cosa può essere causata la tromboflebite?

Tra le cause della tromboflebite ci possono essere periodi di inattività prolungati, come un riposo forzato a letto, o molte ore in posizione seduta come può accadere durante un lungo viaggio in aereo. Chi soffre di disturbi che aumentano la probabilità di formazione di coaguli di sangue (in particolare di difetti nella coagulazione del sangue) e coloro che rimangono a lungo ricoverati in ospedale per un intervento chirurgico o una malattia importanti sono particolarmente soggetti al rischio di sviluppare questa patologia.

Con quali sintomi si manifesta la tromboflebite?

La tromboflebite si manifesta con gonfiori e dolore nella parte interessata, calore e indolenzimento lungo la vena coinvolta e a volte arrossamenti della cute.

Come si può prevenire la tromboflebite?

Per prevenire la formazione dei coaguli di sangue alla base della tromboflebite è essenziale mantenersi in attività.

È opportuno alzarsi ogni tanto durante i viaggi in aereo, così come è consigliabile fare delle soste e camminare un po’ quando si fanno dei lunghi viaggi in macchina.

Se si è obbligati a stare seduti a lungo si dovrebbe cercare di muovere spesso le gambe, anche premendo la pianta del piede sul pavimento, evitare di indossare capi d’abbigliamento che stringano la vita e bere molta acqua.

È utile utilizzare calze contenitive e seguire le indicazioni fornite dal proprio medico nei casi in cui si presenti il rischio di trombosi venosa profonda.

 

Infiammazione della cuffia dei rotatori

Infiammazione della cuffia dei rotatori

 

La cuffia dei rotatori è il complesso dei quattro muscoli (con i rispettivi tendini) che concorre al movimento dell’articolazione della spalla nei vari piani dello spazio e che tiene stabile l’articolazione fra la scapola e l’omero (l’osso che appartiene alla parte superiore del braccio).

La tendinite della cuffia dei rotatori è l’infiammazione di uno (o più) tendini che la costituiscono, mentre la borsite è l’infiammazione di una delle borse (cioè piccole “sacche” con un contenuto fluido che servono a diminuire gli attriti durante i movimenti).

 

Che cos’è l’infiammazione della cuffia dei rotatori?

Un’infiammazione dei tendini della cuffia dei rotatori è una condizione molto comune e viene caratterizzata generalmente da dolore (presenta sia col movimento che a riposo) e da limitazione nell’esecuzione di alcuni movimenti.

Spesso, specialmente quando la causa dell’infiammazione è l’eccessivo sforzo, l’infiammazione si risolve attraverso il riposo, il ricorso a farmaci antinfiammatori e a terapie fisiche e fisioterapiche.

 

Quali sono le cause dell’infiammazione della cuffia dei rotatori?

L’infiammazione della cuffia dei rotatori può essere causata da traumi, dall’eccessiva ripetizione di movimenti che stressano l’articolazione fra scapola e omero, dalla naturale degenerazione delle strutture tendinee dovuta all’età o da postura e movimenti impropri per l’articolazione. Ancora più frequente è che sia causata da una combinazione dei fattori appena descritti.

 

Quali sono i sintomi dell’infiammazione della cuffia dei rotatori?

L’infiammazione della cuffia dei rotatori è caratterizzata da dolore, a volte difficilmente localizzabile, della spalla sia con i movimenti che  a riposo (soprattutto nelle ore notturne), da debolezza muscolare della spalla e da perdita di ampiezza nei relativi movimenti.

 

Quali sono i fattori di rischio dell’infiammazione della cuffia dei rotatori?

Alcuni tipi di attività sportiva sollecitano particolarmente l’articolazione fra scapola e omero o la espongono a una maggiore probabilità di infiammazione. Fra questi, i più diffusi sono tennis, nuoto, canottaggio, sollevamento pesi, basket, rugby e tutti gli sport di lancio.

L’età, inoltre, è uno dei fattori più importanti, poiché con l’aumentare dell’età diminuisce l’afflusso di sangue all’articolazione, e con esso la quantità di proteine fibrose (soprattutto collagene) che vengono fissate a tendini e muscoli. È questo il motivo per cui la maggior parte delle persone anziane ha problemi con la cuffia dei rotatori e presenta spesso lesioni, anche asintomatiche.

Anche patologie metaboliche (es. diabete) o abitudini di vita (fumo) predispongono allo sviluppo di patologie a carico della cuffia dei rotatori.

L’infiammazione può tuttavia derivare anche dallo svolgimento di un lavoro che sollecita l’articolazione in modo continuo o da una predisposizione personale, dovuta alla naturale conformazione dell’articolazione o alla debolezza muscolare.

 

Come prevenire l’infiammazione della cuffia dei rotatori?

Mentre non è possibile avere la certezza di prevenire l’infiammazione della cuffia dei rotatori, è facile diminuire le possibilità di una infiammazione e di una lacerazione traumatica o da degenerazione attraverso i seguenti accorgimenti:

-esercitare regolarmente la spalla per mantenere flessibilità e forza della muscolatura.

-fare attenzione agli sforzi che riguardano l’articolazione fra spalla e omero.

-riposo quando l’articolazione duole o è infiammata.

-sottoporsi ad un controllo specialistico in caso di persistenza della sintomatologia.

 

Diagnosi

L’infiammazione della cuffia dei rotatori si diagnostica solitamente attraverso l’esame fisico, in quanto il dolore nel compiere certi movimenti è sufficiente a confermare la condizione. Metodi più approfonditi, come la risonanza magnetica o l’ecografia della spalla, servono a escludere che il dolore sia dovuto ad altre condizioni, come lacerazioni o fratture.

La radiografia, invece può essere utilizzata per rendere visibili eventuali imperfezioni ossee che ne sono talvolta la causa della lenta consunzione del tendine, o per evidenziare eventuali calcificazioni del tendine dovute alla degenerazione.

 

Trattamenti

Nella maggior parte dei casi un periodo di riposo, l’assunzione di farmaci antinfiammatori non steroidei e l’impiego di terapie fisiche e fisioterapiche sono misure sufficienti per trattare l’infiammazione della cuffia dei rotatori.

Nei casi in cui il problema risulta di maggiore entità, può essere consigliata la terapia con onde d’urto focali. Questa terapia è indicata sia in presenza di calcificazioni che in loro assenza poiché non serve a “rompere” i depositi di calcio, ma si basa su una stimolazione meccanica dei tessuti della spalla allo scopo di indurre un effetto antinfiammatorio e rigenerativo.

In alcuni specifici casi, lo specialista può prescrivere invece un trattamento basato su infiltrazioni di corticosteroidi, per alleviare più rapidamente l’infiammazione.

In alcuni ancora più rari casi (meno dell’1%) si può arrivare alla necessità di un intervento chirurgico per risolvere non tanto il problema dell’infiammazione tendinea, quanto la presenza di eventuali lesioni associate.

Lesione del legamento crociato anteriore

Lesione del legamento crociato anteriore

 

Il legamento crociato anteriore è uno dei quattro legamenti più importanti del ginocchio.  Si incrocia, insieme al legamento crociato posteriore, al centro dell’articolazione. La sua funzione è quella di stabilizzare il ginocchio impedendo lo spostamento anteriore della tibia rispetto al femore.

Traumi distorsivi diretti o indiretti che causano rotazioni forzate o un’eccessiva estensione del ginocchio possono causarne la rottura totale o parziale. La lesione del LCA è uno dei traumi sportivi più comuni, in modo particolare nello sci e nel calcio.

 

Che cos’è il legamento crociato anteriore?

Il legamento crociato anteriore è un fascio di tessuto fibroso molto resistente, posto al centro dell’articolazione del ginocchio ed ha un ruolo fondamentale nel garantirne la stabilità sia nei movimenti di flesso-estensione che di rotazione. È costituito funzionalmente da due fasci, uno antero-mediale più voluminoso ed uno postero-laterale più piccolo.

 

Quali sono le cause della lesione del legamento crociato anteriore?

Esso può essere sottoposto a forti sollecitazioni meccaniche soprattutto durante l’attività sportiva e può andare incontro a rottura. Il meccanismo di lesione più frequente, è il movimento involontario di valgo-rotazione-esterna mentre il piede è fisso al suolo.

Gli sport in cui sono più frequenti questi meccanismi traumatici sono il calcio, lo sci e la pallacanestro. Gli incidenti stradali sono la seconda causa principale di lesione del legamento. L’entità e il tipo di lesione, sono correlati all’intensità del trauma per cui potremmo avere una lesione parziale o totale. Spesso si associano anche lesioni ad altre strutture come la cartilagine, i menischi o i legamenti collaterali.

 

Quali sono i sintomi della lesione del legamento crociato anteriore?

Quando avviene una lesione del legamento crociato anteriore il paziente sente il ginocchio cedere e ha la sensazione che qualcosa si sia rotto all’interno del suo ginocchio oppure che qualcosa sia andato fuori posto. I sintomi principali sono il dolore, il gonfiore e la difficoltà a muovere l’articolazione. Solitamente dolore e gonfiore si risolvono nel giro di 2 settimane circa dopo il riposo e l’utilizzo di ghiaccio e FANS (Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei)  mentre permane l’instabilità che non permette al paziente di ritornare alla pratica sportiva.

 

Prevenzione

La prevenzione delle lesioni da sport si ottiene ponendo particolare attenzione alla sicurezza durante lo svolgimento di attività sportive anche non agonistiche e mantenendo sempre un buon tono della muscolatura della gamba che funga da protezione per il ginocchio.

 

Diagnosi

Per la diagnosi il medico procede ad un esame dell’articolazione e di alcuni specifici test che consentono di valutare la lassità legamentosa del ginocchio. Tra gli esami usati vi sono:

-test di Lachman

-jerk test

-test del cassetto anteriore

A questo si aggiungono gli esami strumentali che includono:

-esame radiografico del ginocchio per valutare eventuali fratture o lesioni ossee associate

-risonanza magnetica per la valutazione delle lesioni legamentose e meniscali

 

Trattamenti

Una volta effettuata la diagnosi di lesione del legamento crociato anteriore la cura può essere conservativa o chirurgica. Inizialmente il medico potrà consigliare un periodo di riposo associato a terapie con farmaci antinfiammatori e l’applicazione di ghiaccio locale. La scelta corretta del trattamento dipende dalla valutazione di fattori come l’età del paziente, la richiesta funzionale e lo stile di vita.

In presenza di una lesione del legamento crociato anteriore è possibile svolgere le normali attività di vita quotidiana evitando tuttavia di praticare attività sportive ed in modo particolare sport da contatto e che richiedono cambi direzionali durante il movimento come il calcio, lo sci, il basket e la pallavolo. In caso di lesione parziale a volte è possibile evitare l’intervento facendo ginnastica di rinforzo dei muscoli della coscia.

Una lesione totale non riparata, invece, espone l’articolazione al rischio di nuove distorsioni che possono poi causare lesioni ai menischi o alla cartilagine e allo sviluppo di un’artrosi precoce. Per questo, il trattamento chirurgico viene proposta a tutti i pazienti giovani.

La chirurgia di riparazione del legamento crociato anteriore è una procedura usata molto frequentemente ed è finalizzata alla ricostruzione del legamento leso con un tessuto sostitutivo. Questo può essere un tendine prelevato dallo stesso paziente (innesto) o, più raramente un tessuto prelevato da un donatore di organi (trapianto).

Nel caso di innesto il tessuto prelevato può essere la porzione centrale del tendine rotuleo (che connette la rotula con la tibia), i tendini della zampa d’oca (gracili e semitendinosi) oppure la porzione centrale del tendine quadricipite.

L’intervento chirurgico, ormai eseguito con tecnica artroscopia, comprende quattro fasi:

-l’asportazione dei residui del legamento crociato anteriore danneggiato e la preparazione dell’alloggiamento del nuovo legamento

-la realizzazione di tunnel ossei nel femore e nella tibia per l’inserimento del nuovo legamento

-l’inserimento del nuovo legamento nell’articolazione

-la fissazione del neo-legamento

La tecnica artroscopica è una procedura mini-invasiva, che può essere eseguita in anestesia loco-regionale e che, mediante un apparecchio chiamato artroscopio, permette di visualizzare le strutture articolari del ginocchio.

La tecnica a cielo aperto non si utilizza più se non per riparare altre strutture del ginocchio come in caso di lussazione della rotula o di gravi lesioni della capsula articolare.

La riabilitazione è indispensabile per un recupero completo della funzionalità e dell’articolarità del ginocchio. Il programma riabilitativo può variare a seconda della tecnica chirurgica utilizzata e del tipo di procedure chirurgiche eseguite. Essa si basa comunque su esercizi che permettono un recupero completo della mobilità e del tono muscolare della gamba.

Lesione del legamento crociato posteriore

Lesione del legamento crociato posteriore

 

Il legamento crociato posteriore è strutturalmente il più grosso e il più robusto dei legamenti del ginocchio. Il nome deriva dalla sua inserzione sulla parte posteriore della tibia. Esso concorre con il legamento crociato anteriore alla stabilità dell’articolazione.

La lesione del legamento crociato posteriore (LCP) è molto più rara di quella del legamento crociato anteriore e spesso è causata da traumi sportivi o da incidenti automobilistici. Si verifica tipicamente in caso di impatto del ginocchio contro il cruscotto dell’auto durante un incidente stradale (trauma da cruscotto) e anche in molti sport di contatto.

 

Che cos’è il legamento crociato posteriore?

Il legamento crociato posteriore è un fascio di tessuto fibroso molto resistente, teso tra il femore e la tibia ed ha un ruolo fondamentale nel garantirne la stabilità del ginocchio impedendo la traslazione posteriore della tibia. È costituito funzionalmente da due fasci, uno antero-laterale ed uno postero-mediale.

 

Quali sono le cause della lesione del legamento crociato posteriore?

La lesione del legamento crociato posteriore è molto meno frequente di quella del legamento crociato anteriore e rappresenta circa il 10% di tutti i casi di lesione del ginocchio.

Il legamento si lesiona generalmente per traumi violenti (cosiddetti ad alta energia), frequenti durante incidenti stradali o per traumi meno violenti (a bassa energia), possibili anche durante la pratica sportiva. Generalmente è necessario un impatto molto forte sulla parte anteriore della tibia che può verificarsi durante la pratica di sport da contatto quali il rugby o l’hockey.

 

Quali sono i sintomi della lesione del legamento crociato posteriore?

I sintomi della lesione del legamento crociato posteriore sono importanti come quelli di una lesione del legamento crociato anteriore. Anche in questo caso è possibile avvertire una sensazione di rottura all’interno del ginocchio durante il trauma e si può presentare dolore e difficoltà a muovere il ginocchio, soprattutto in pendenza e nello scendere le scale. La lesione isolata del legamento crociato posteriore tuttavia non causa fenomeni di instabilità articolare.

 

Prevenzione della lesione del legamento crociato posteriore

La prevenzione delle lesioni da sport si ottiene ponendo particolare attenzione alla sicurezza quando si svolgono attività sportive anche non agonistiche e mantenendo sempre un buon tono trofismo della muscolatura della gamba che funga da protezione per il ginocchio.

 

Diagnosi

Per la diagnosi il medico procede ad un esame dell’articolazione e si avvale di alcuni specifici test che consentono di valutare la lassità legamentosa del ginocchio.

A questo si aggiungono gli esami strumentali che includono:

-esame radiografico del ginocchio per valutare eventuali fratture o lesioni ossee associate

-risonanza magnetica per la valutazione delle lesioni legamentose e meniscali

-TC per valutare eventuali lesioni ossee associate

 

Trattamenti

Il legamento crociato posteriore, contrariamente all’anteriore, ha una discreta capacità di guarire e sviluppare una “cicatrice” funzionalmente valida. In molti casi di lesione parziale un buon trattamento fisioterapico riesce efficacemente a ripristinare una buona funzionalità del ginocchio. Ad esso si associa spesso l’utilizzo di un tutore specifico che mantiene il ginocchio nella posizione più consona a favorire la guarigione.

L’intervento chirurgico è indicato quando la rottura è completa ed interferisce con la funzionalità del ginocchio oppure in caso di fallimento della terapia conservativa. Viene consigliato a tutti i pazienti giovani con lo scopo di prevenire una precoce usura (artrosi) e favorire un ritorno alla pratica sportiva.

La chirurgica di riparazione del legamento crociato posteriore è una procedura finalizzata alla ricostruzione del legamento leso con un tessuto sostitutivo. Questo può essere un tendine prelevato dallo stesso paziente (innesto) o, più raramente, un tessuto prelevato da un donatore di organi (trapianto).

Nel caso di innesto il tessuto prelevato può essere la porzione centrale del tendine rotuleo (che connette la rotula con la tibia), i tendini della zampa d’oca (gracile e semitendinosi) oppure la porzione centrale del tendine quadricipite.

L’intervento chirurgico, ormai eseguito con tecnica artroscopia, comprende quattro fasi:

-l’asportazione dei residui del legamento crociato posteriore danneggiato e la preparazione dell’alloggiamento del nuovo legamento

-la realizzazione di tunnel ossei nel femore e nella tibia per l’inserimento del nuovo legamento

-l’inserimento del nuovo legamento nell’articolazione

-la fissazione del  nuovo legamento

La tecnica artroscopica è una procedura mini-invasiva, che può essere eseguita in anestesia loco-regionale e che, mediante un apparecchio chiamato artroscopio, permette di visualizzare le strutture articolari del ginocchio.

La tecnica a cielo aperto non si utilizza più se non per riparare altre strutture del ginocchio lesionate, come in caso di lussazione della rotula o di gravi lesioni della capsula articolare.

La riabilitazione è indispensabile per un recupero completo della funzionalità e dell’articolarità del ginocchio. Il programma riabilitativo può variare a seconda della tecnica chirurgica utilizzata e del tipo di procedure chirurgiche eseguite. Essa si basa comunque su specifici esercizi che permettono un recupero completo della mobilità e del tono trofismo muscolare della gamba.

 

Lesioni meniscali

Lesioni meniscali

 

I menischi sono 2 cuscinetti di fibrocartilagine a forma di C presenti nel ginocchio. Essi si interpongono tra femore e tibia e fungono da ammortizzatori dell’articolazione. Le lesioni meniscali sono piuttosto frequenti, colpiscono soggetti di qualsiasi età e possono essere di origine traumatica, come conseguenza di un trauma o una distorsione, di origine degenerativa oppure correlate a malformazioni congenite (come ad esempio menisco discoide).

 

Cosa sono i menischi?

I menischi sono degli elementi di fibro-cartilagine con forma simile a una “C” inseriti tra le due ossa del femore e della tibia. La loro principale funzione è quella di assorbire gli urti a cui il ginocchio è sottoposto ogni giorno permettendo una migliore distribuzione dei carichi sulla cartilagine articolare e una corretta meccanica di movimento.

 

Quali sono le cause della lesione del menisco?

La lesione del menisco è la più comune lesione del ginocchio. Essa infatti può avvenire a causa di un processo degenerativo, in caso di lavori che obbligano in maniera eccessiva a una certa posizione oppure in seguito a traumi di varia origine, tra cui quelli di tipo sportivo.

 

Quali sono i sintomi della lesione del menisco?

Il sintomo più caratteristico è il dolore associato, o meno, al rigonfiamento dell’articolazione. Spesso è possibile avere dei blocchi articolari con impossibilità a flettere o estendere il ginocchio a causa di frammenti di menisco lesionato che interferiscono con la normale mobilità.

Il dolore può poi causare perdita di forza del quadricipite e limitazioni funzionale.

 

Diagnosi

Per la diagnosi il medico procede ad un esame dell’articolazione e di alcuni specifici test che consentono di valutare l’integrità o meno dei menischi. Tra gli esami più usati:

-test di Appley

-test di McMurray

-palpazione della rima articolare

A questo si aggiungono gli esami strumentali che includono:

-l’esame radiografico del ginocchio per valutare eventuali fratture o lesioni ossee associate

-la risonanza magnetica rappresenta l’esame strumentale avanzato più idoneo per la diagnosi e per la valutazione delle lesioni legamentose e catilaginee

 

Prevenzione delle lesioni del menisco

La prevenzione delle lesioni traumatiche si ottiene ponendo particolare attenzione alla sicurezza quando si svolgono attività sportive anche non agonistiche e mantenendo sempre un buon tono della muscolatura della gamba che funga da protezione per il ginocchio. Può essere utile correggere fattori predisponenti come le deviazioni dell’asse della gamba, come il ginocchio varo (gambe a O) e il ginocchio valgo (gambe a X) o eventuali lesioni legamentose. Nel caso di lesioni degenerative è necessario evitare il sovrappeso con una dieta equilibrata associata a regolare attività fisica.

 

Trattamenti

Il trattamento conservativo solitamente è indicato come prima linea di trattamento soprattutto in caso di lesioni meniscali di tipo degenerativo in pazienti di non più giovane età. I trattamenti consistono in:

-riposo

-ghiaccio locale

-FANS (Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei)

-fisioterapia

-terapie fisiche

Se il trattamento conservativo fallisce oppure in caso di giovane età del paziente, di blocco articolare o di lesione traumatica è necessario intervenire chirurgicamente. Se possibile la lesione meniscale viene suturata, ma purtroppo molto spesso è necessario rimuovere la parte di menisco lesionata. L’intervento viene eseguito con tecnica artroscopica mediante l’esecuzione di due piccole incisioni nel ginocchio attraverso cui è possibile far entrare un apparecchio chiamato artroscopio, che permette di visualizzare le strutture articolari del ginocchio e gli strumenti usati per rimuovere o suturare il menisco.

La tecnica a cielo aperto non si utilizza più se non per riparare altre strutture del ginocchio lesionate come in caso di lussazione della rotula o di gravi lesioni della capsula articolare.

La riabilitazione è indispensabile per un recupero completo della funzionalità e dell’articolarità del ginocchio. Il programma riabilitativo si basa su specifici esercizi che permettono un recupero completo della mobilità e del tono muscolare della coscia.

 

Frattura dell’alluce

Frattura dell’alluce

 

La frattura dell’alluce riguarda la rottura del primo dito del piede a causa di forti traumi.

 

Che cos’è la frattura dell’alluce?

La frattura dell’alluce è un problema piuttosto comune e che in molti casi può essere risolto senza particolari interventi medici o chirurgici. Si tratta, in ogni caso, di una situazione più delicata rispetto a quella in cui a essersi fratturato è un altro dito nel piede. Nelle situazioni più gravi il dito può deformarsi o presentare delle ferite aperte.

 

Quali sono le cause della frattura dell’alluce?

Per fratturarsi l’alluce è sufficiente un duro colpo al dito, ma anche la caduta di un oggetto pesante sul dito stesso. Inoltre alcuni movimenti ripetitivi, come quelli che si eseguono praticando alcuni sport, possono causare fratture da stress alle dita dei piedi.

 

Quali sono i sintomi della frattura dell’alluce?

I sintomi tipici di una frattura dell’alluce sono dolore, gonfiore, un bruciore che può durare anche per due settimane e difficoltà di movimento. I bruciori intorno all’unghia sono particolarmente frequenti nel caso in cui la frattura sia causata dalla caduta in un oggetto sull’alluce.

 

Come prevenire la frattura dell’alluce?

Per evitare le fratture dell’alluce è importante indossare sempre scarpe adatte all’attività che si sta svolgendo. Per alcune categorie di lavoratori l’uso delle scarpe antinfortunistiche è fondamentale.

 

Diagnosi

Per diagnosticare una frattura all’alluce può essere sufficiente una semplice visita medica.

Una radiografia può aiutare a localizzare il punto esatto della frattura, ma non è sempre necessaria.

Per riconoscere una frattura da stress può essere necessaria una risonanza magnetica.

 

Trattamenti

La maggior parte delle fratture delle dita dei piedi guariscono da sole in 4-6 settimane. Nel caso dell’alluce però potrebbero essere necessarie una stecca o un’ingessatura e i tempi di guarigione potrebbero allungarsi di un paio di settimane. Nei rari casi in cui parte dell’osso si fosse rotta e allontanata dalla sua sede potrebbe essere necessario un intervento chirurgico.

Il dolore e il gonfiore scompaiono nel giro di qualche giorno o una settimana. Se necessario è possibile assumere degli antidolorifici.

Nelle prime 24 ore è utile applicare spesso del ghiaccio e per ridurre il gonfiore è utile tenere il piede sollevato. L’alluce può essere fasciato per aumentare la stabilità.

L’attività fisica può essere ripresa poco alla volta solo una volta che il gonfiore sarà svanito e che sarà possibile indossare senza dolore delle scarpe in grado di proteggere l’alluce.

 

Frattura del femore

Frattura del femore

 

Il femore è  l’osso più lungo e voluminoso del corpo umano e la sua frattura può verificarsi a tutte le età. Nonostante il femore sia un osso molto resistente, urti e traumi violenti nel giovane oppure l’osteoporosi nell’anziano possono provocarne la frattura.

Vista la sua funzione fondamentale per la struttura di tutto il nostro corpo, è fondamentale ricorrere subito a cure mediche in caso di frattura.

 

Che cos’è la frattura del femore?

Il femore è un osso particolarmente importante. Su di esso si inseriscono muscoli fondamentali per il movimento. Il femore comunica con l’anca, costituendo l’articolazione coxofemorale, e con la rotula e la tibia nell’articolazione del ginocchio.

La frattura può colpire il femore nella sua parte centrale o più frequentemente negli anziani nella testa del femore, vale a dire l’estremità che si congiunge con l’articolazione dell’anca. Si parla in questi casi di frattura a livello del collo femorale e di frattura pertrocanterica.

 

Quali sono le cause della frattura del femore?

Le cause di frattura del femore variano molto a seconda dell’età del soggetto.

Le cadute accidentali in casa sono la principale causa di frattura del femore nella persona anziana. La persona anziana va incontro a fratture più di frequente a causa dell’osteoporosi, una patologia che comporta la riduzione della forza delle ossa e le espone a un rischio maggiore di lesione. Negli anziani sono comuni le fratture da stress, che non sono provocate da traumi o urti violenti ma da una progressiva degenerazione della struttura ossea. Spesso sono associate anche ad altre patologie come diabete e artrite reumatoide. Altre cause sono infezioni e tumori che possono alterare la robustezza del tessuto osseo.

Nel giovane la frattura del femore è frequentemente associata a traumi sportivi o a incidenti stradali. Il femore è un osso molto robusto e quindi, in assenza di altre patologie, ha bisogno di un urto molto violento affinché si verifichi la rottura. La frattura si può presentare in diversi punti del femore e può essere composta o scomposta, a seconda che ci sia uno spostamento o meno dei frammenti lesionati che perdono, così, il naturale allineamento.

La frattura al femore può inoltre essere:

  • completa o non completa, a seconda che ci sia una lesione con o senza separazione dei segmenti
  • multipla, se c’è una rottura in più punti
  • trasversale, obliqua o spiroide.

 

Quali sono i sintomi della frattura al femore?

I sintomi della frattura del femore differiscono a seconda del punto di lesione. Generalmente la frattura provoca:

-dolore acuto e immediato, che si può irradiare verso l’inguine, ma può essere avvertito anche all’altezza del ginocchio e della caviglia

-sensazione di uno schiocco al momento del trauma

-difficoltà a stare in piedi e a muovere la gamba

-gonfiore

-presenza di lividi e tumefazioni

-deformazione e accorciamento dell’arto

Le fratture non trattate adeguatamente possono dare luogo a complicazioni che comprendono artrosi post-traumatica, infezioni, deformità, rigidità articolare ovvero la difficoltà a muovere correttamente l’arto.

 

Come prevenire la frattura del femore?

Le fratture del femore si prevengono ponendo particolare attenzione alla protezione delle articolazioni se si svolgono attività sportive. È buona norma non sottoporre l’articolazione a movimenti ripetuti e usuranti.

Per evitare le fratture dovute a osteoporosi si dovrebbe integrare l’alimentazione con calcio e vitamina D e seguire le terapie mediche prescritte.

Per prevenire le cadute le persone anziane dovrebbero indossare scarpe comode, con suole antiscivolo, rimuovere gli ostacoli presenti in casa, come i tappeti, illuminare bene gli ambienti, fare attenzione se si cammina all’esterno su superfici scivolose.

Frattura del braccio o frattura del gomito

Frattura del braccio o frattura del gomito

 

Le fratture del braccio o del gomito sono un evento abbastanza frequente che implica la rottura di una o più ossa del braccio: ulna, radio e omero. Una delle cause più frequenti di frattura è una caduta violenta sul braccio teso. Il sintomo è un dolore acuto e la difficoltà a piegare il braccio.

L’intervento chirurgico, quando necessario, mira a ricomporre correttamente le ossa, riallineandole, con lo scopo di evitare la rigidità articolare e future deformazioni.

 

Che cos’è la frattura del braccio?

La frattura del braccio può coinvolgere una qualsiasi delle tre ossa che vanno dalla spalla al polso – omero, radio e ulna – e si congiungono nell’articolazione del gomito.

Il braccio è un’articolazione molto complessa quanto importante. Agire immediatamente permette di ridurre l’insorgenza di problemi nel futuro.

 

Quali sono le cause della frattura del braccio?

La caduta su braccio teso è sicuramente la causa più frequente di frattura. Ciò può avvenire dopo una caduta in casa o per strada, dopo un incidente alla guida di un veicolo o durante l’attività sportiva. Un’altra causa è l’osteoporosi.

 

Quali sono i sintomi della frattura del braccio?

I sintomi della frattura del braccio differiscono a seconda del punto di lesione. Generalmente la frattura provoca:

-dolore acuto

-difficoltà a piegare il braccio

-gonfiore

-presenza di lividi e tumefazioni

Le fratture non trattate adeguatamente possono dare luogo a complicazioni che comprendono artrosi post-traumatica, infezioni, infiammazione del nervo ulnare, rigidità articolare (la difficoltà a muovere correttamente il braccio).

 

Come prevenire la frattura del braccio?

Le fratture del braccio si prevengono ponendo particolare attenzione alla protezione delle articolazioni se si svolgono attività sportive. È buona norma non sottoporre l’articolazione a movimenti ripetuti e usuranti.

Per evitare le fratture dovute a osteoporosi si dovrebbe integrare l’alimentazione ricca di calcio e vitamina D e seguire le terapie mediche prescritte.

Per prevenire le cadute, le persone anziane dovrebbero indossare scarpe comode, con suole antiscivolo, rimuovere gli ostacoli presenti in casa, come tappeti, illuminare bene gli ambienti, fare attenzione se si cammina all’esterno su superfici scivolose.

Distorsione della caviglia

Distorsione della caviglia

 

La distorsione alla caviglia si verifica quando l’articolazione della caviglia si piega o si torce in modo eccessivo. Se l’articolazione della caviglia è forzatamente portata ad andare oltre il proprio range di movimento, i muscoli, i legamenti e i tendini che la compongono possono subire delle lesioni che vanno dallo stiramento alla rottura.

Le distorsioni più frequenti interessano la parte esterna della caviglia e provocano dolore e gonfiore immediati. Solitamente il dolore è localizzato davanti e sotto il malleolo peroneale, (la sporgenza più bassa dell’osso laterale del perone).  Il movimento tipico che genera la distorsione avviene quando la punta del piede è rivolta verso il basso e la caviglia ruota bruscamente all’interno.

 

Che cos’è la distorsione della caviglia?

L’entità della distorsione dipende dall’energia che viene esercitata sulla caviglia, per cui non sempre dipende dal tipo di caduta o dalla velocità della corsa, ma possono concorrervi altri elementi quali il peso del paziente e il meccanismo con cui avviene l’infortunio. Un soggetto obeso, ad esempio, può subire danni rilevanti anche in seguito a una caduta banale. Una distorsione provoca una serie di eventi che si susseguono secondo una sequenza piuttosto precisa. Le strutture di sostegno di degenerano una dopo l’altra seguendo un percorso chiaramente individuabile in seduta di visita specialistica.

 

Quali sono le cause della distorsione della caviglia?

All’origine di una distorsione c’è sempre un trauma: questo può essere dovuto a una caduta, a un atterraggio scorretto dopo un salto o al camminare su una superficie irregolare. Tutti questi movimenti generano un movimento innaturale che spinge l’articolazione della caviglia oltre il suo naturale range di movimento.

 

Quali sono i sintomi della distorsione della caviglia?

La sintomatologia tipica della distorsione alla caviglia include:

-dolore nell’area interessata dalla distorsione, che aumenta quando si sposta il peso sulla caviglia distorta

-gonfiore

-limitazione nei movimenti

Nei casi più gravi possono comparire ecchimosi o ematomi.

Diagnosi

Dopo un esame fisico, il medico generalmente consiglia un esame radiografico per scongiurare lesioni ossee. Per individuare e valutare l’eventuale presenza di lesioni a carico dei tessuti molli (come muscoli, tendini e legamenti), il medico potrà suggerire al paziente di sottoporsi a: ecografia e/o a risonanza magnetica.

 

Trattamenti

Riposo, ghiaccio, elevazione dell’arto interessato e farmaci antiinfiammatori rappresentano la terapia più consigliata in questo caso.

Può essere necessario bloccare l’arto interessato dalla distorsione mediante bendaggio o apparecchio gessato.

Dopo il primo trattamento viene impostato un programma di controlli ambulatoriali con la funzione di valutare la progressione della guarigione, richiedere eventuali esami di approfondimento, prescrivere terapie fisiche e impostare il protocollo riabilitativo.

È possibile che il medico consigli una di queste terapie:

-ultrasuoni

-laser

-jonoforesi

-tens

-approccio chirurgico

-tecniche ricostruttive

-tecniche artroscopiche

-ginnastica propriocettiva.

 

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