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Infertilità femminile

Infertilità femminile

 

L’infertilità femminile è la situazione patologica per cui una donna non può avere una gravidanza dopo 1-2 anni di rapporti intenzionalmente fertili, anche se in linea teorica per lei concepire ed avere un bambino. Si calcola che possa interessare il 15% circa delle donne.

Il fattore dell’età è connesso in modo imprescindibile alla riduzione di capacità riproduttiva, infatti a 30 anni la possibilità di concepire per ciclo fertile è intorno al 30-40%, mentre a 40 anni diventa del 10%.

 

Che cos’è l’infertilità femminile?

L’infertilità ostacola la possibilità per il sesso femminile di avere e portare a termine una gravidanza. Alla nascita, la donna possiede una riserva ovarica (circa 400 mila ovociti) che va progressivamente impoverendosi col passare dell’età, azzerandosi alla menopausa.

 

Dal punto di vista medico l’infertilità si accerta dopo 12 mesi di rapporti liberi e non protetti (6 mesi se la donna ha più di 35 anni o altri fattori di rischio) durante i quale non è stata raggiunta la gravidanza.

Occorre fare una distinzione tra infertilità e sterilità, la seconda identifica infatti l’impossibilità assoluta a concepire per una causa non rimovibile, anche se, nell’uso comune, i due termini vanno spesso a sovrapporsi.

 

Quali sono le cause dell’infertilità femminile?

Esistono numerose cause di infertilità femminile: alterazioni dell’apparato riproduttivo, malformazioni congenite, infezioni, disfunzioni ormonali. Solo in alcuni casi, invece, si parla di infertilità idiopatica, quando gli esami diagnostici non sono riusciti ad individuare alcuna causa specifica.

 

In sintesi, le cause di infertilità femminile, sono le seguenti:

Tubariche/pelviche: riduzione di funzione o chiusura delle tube di Falloppio, aderenze pelviche (in seguito a patologie infiammatorie o a pregressi interventi chirurgici)

 

Endometriosi: malattia frequente nell’età fertile, in cui isole di cellule endometriali (normalmente presenti solo all’interno della cavità uterina) migrano e colonizzano altri organi (più comunemente l’ovaio ed il peritoneo pelvico). Questa patologia può essere asintomatica, ma talora diventa invalidante. La sua presenza o le recidive di questa malattia, possono ridurre in modo severo le probabilità di concepimento

 

Ovulatorie/ormonali: irregolarità o mancanza di ovulazione, iperprolattinemia, sindrome dell’ovaio micropolicistico, riserva ovarica ridotta o assente

Cervicali: quando il muco presente nella cervice uterina è ostile al passaggio degli spermatozoi per una carenza di estrogeni, per fattori infettivi o per pregressi interventi chirurgici che hanno danneggiato le ghiandole cervicali. L’infertilità cervicale può essere dovuta, in rari casi, anche alla produzione, da parte della donna, di anticorpi diretti contro gli spermatozoi stessi

Uterine: presenza di malformazioni congenite dell’utero, fibromi o aderenze all’interno della cavità uterina oppure presenza di fattori infiammatori a carico dell’endometrio (la mucosa di rivestimento della cavità uterina)

Sconosciute: quando gli accertamenti non sono stati di grado di evidenziare una o più cause specifiche. Questa situazione va sotto il nome di infertilità idiopatica. Questa diagnosi dovrebbe essere correttamente definita come ‘insufficientemente indagata’, Vi si giunge per il lungo periodo di ricerca o per l’età dei partner, che non consentono un completamento delle indagini.

 

Diagnosi

Di seguito elenchiamo gli accertamenti che possono essere effettuati sulla partner femminile, nella diagnosi dell’ infertilità di coppia:

Dosaggi ormonali: FSH, LH, estradiolo nella prima metà del ciclo (2^-3^ giorno di mestruazione); progesterone e Prolattina nella seconda metà del ciclo; Ormone Antimulleriano (AMH); TSH. Questi esami hanno lo scopo principale di valutare la riserva ovarica, vale a dire il patrimonio di ovociti della donna e quindi il suo potenziale di fertilità.

 

Tampone vaginale: esame che valuta la presenza o meno di infezioni del tratto distale dell’apparato riproduttivo (vagina e collo dell’utero).

 

Ecografia pelvica transvaginale: permette di valutare l’anatomia dell’apparato riproduttivo femminile (utero ed annessi) e la presenza di eventuali alterazioni a suo carico (malformazioni uterine, fibromi, neoformazioni annessiali ecc). Con l’ecografia transvaginale è possibile valutare il numero e la crescita dei follicoli ovarici sia in condizioni basali che sotto stimolo.

 

Isterosonografia: è un esame attraverso il quale, dopo aver iniettato una soluzione salina sterile o altra sostanza apposita nella cavità uterina, è possibile valutare la normalità o meno della cavità uterina stessa, nonché la pervietà delle tube.

 

Ecografia tridimensionale (eco 3D) dell’utero: tecnologia che, attraverso una elaborazione rapida del volume del viscere, permette il riconoscimento di eventuali malformazioni congenite dell’utero. L’ecografia 3D, può essere utilizzata anche per lo studio degli annessi o in abbinamento alla sonoisterografia.

 

Isterosalpingografia: esame radiologico utilizzato per valutare la pervietà tubarica. Permette anche il riconoscimento di alcune patologie congenite o acquisite dell’utero.

 

Isteroscopia: tecnica endoscopica che, attraverso l’inserzione di uno strumento ottico collegato ad una telecamera in cavità uterina, permette una visione diretta della cavità endometriale ed il riconoscimento quindi di eventuali patologie a suo carico.

 

Laparoscopia: tecnica chirurgica che permette di vedere dentro l’addome attraverso uno strumento a fibre ottiche (il laparoscopio) collegato ad una telecamera. Dato il piccolo diametro del laparoscopio (da 2 a 10 mm), la procedura può essere eseguita “a cielo chiuso”, ossia senza praticare l’apertura dell’addome, ma ricorrendo ad incisioni di pochi millimetri. Attraverso la laparoscopia, è possibile visualizzare l’anatomia di utero ed annessi, valutare in modo molto preciso la funzionalità tubarica ed intervenire operativamente per risolvere alcune patologie (rimozioni di cisti, adesiolisi, asportazione di fibromi uterini ecc )

 

Trattamenti

Il trattamento dell’infertilità femminile dipende dalle cause dell’infertilità stessa. Per questo motivo, è necessario che la fase diagnostica sia eseguita nel modo più preciso e completo possibile.

Le tecniche di Procreazione medicalmente assistita (PMA) consentono di aumentare le probabilità di concepimento laddove esiste un ostacolo al concepimento stesso.

 

Esistono diversi livelli di Pma:

Il 1° livello comprende tutte le metodiche che favoriscono il concepimento naturale, ossia la cosiddetta fecondazione “in vivo”. Ne fanno parte l’induzione dell’ovulazione per rapporti mirati e l’inseminazione intrauterina.

Il 2° e 3° livello comprendono tutte le tecniche di fecondazione in cui l’incontro tra ovocita e spermatozoo, prelevati alla coppia, avviene in laboratorio (ossia “in vitro”). Le sopr menzionate indagini e metodi esplorativi vanno ad agire tramite l’azione induttiva di una pluristimolazione ovarica, procedura che consente lo sviluppo simultaneo di più follicoli ovarici, per poter disporre di un elevato numero di ovociti maturi (le cellule uovo materne), da avviare alla fecondazione, aumentando così le possibilità di successo della tecnica.

Le metodiche di fecondazione in vitro sono:

FIVET (fecondazione in vitro embryo transfer – IVF – In vitro Fertilization): con questa metodica ovociti e spermatozoi vengono posti insieme in una piastra con terreno di coltura adatto e si lascia che gli spermatozoi penetrino l’ovocita in modo naturale.

ICSI (iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo): è la microiniezione di un singolo spermatozoo direttamente all’interno della cellula uovo. È riservata ai casi in cui si teme che, con la semplice inseminazione dell’ovocita, ci possano essere problemi nell’ottenere la fecondazione. È considerata metodica di PMA di III livello, quando sia necessario l’utilizzo di spermatozoi prelevati chirurgicamente dal testicolo.

 

Prevenzione

La prevenzione della fertilità nella donna inizia sin dalla sua infanzia e prosegue nell’adolescenza e nella giovinezza, per esempio non trascurando banali infezioni che possono avere conseguenze negative a lungo termine.

Per conservare la fertilità bisogna seguire uno stile di vita sano, evitando alcuni fattori di rischio, come il fumo, l’abuso di alcool, l’obesità o l’eccessiva magrezza, la sedentarietà, ma anche l’eccessiva attività fisica.

E’ noto poi che l’inquinamento e l’esposizione a fattori ambientali tossici possono compromettere la fertilità nella specie umana. Negli ultimi anni si è registrato un incremento delle patologie acute e croniche della sfera riproduttiva legate alle malattie infettive sessualmente trasmesse, che possono comportare un danno permanente agli organi riproduttivi, con conseguente infertilità di coppia.

E’ molto importante, quindi, svolgere un’ opera di istruzione e divulgare regole comportamentali in questo senso, nei riguardi della popolazione giovanile che scopre la sfera sessuale.

Dato che, come abbiamo detto, la possibilità riproduttiva della donna è legata in modo diretto alla sua età, è importante inoltre sottolineare quanto possa essere penalizzante rimandare il momento della maternità.

Parlando di prevenzione, è importante ricordare come oggi la scienza, grazie alle tecniche di crioconservazione, permetta alla donna la possibilità di conservare il proprio patrimonio riproduttivo (ovociti – tessuto ovarico) prima di iniziare terapie (a causa per esempio di un tumore) che potrebbero diminuire o annullare le proprie capacità riproduttive.

La crioconservazione degli ovociti, viene oggi proposta anche a donne giovani e sane che desiderano rimandare il momento della ricerca di una gravidanza in una età in cui il concepimento potrebbe risultare difficile.

 

Herpes genitale

Herpes genitale

 

La causa dell’Herpes genitale risiede nel Virus Herpes simplex, della stessa famiglia di quello che colpisce le labbra, quando il virus agisce in modo problematico sui genitali maschili ma anche femminili, possono presentarsi sintomatologie fastidiose così come anche ulteriori complicanze nelle lesioni sulle aree di interesse delle labbra. A volte però non provoca alcun sintomo e quindi la persona non sa di essere contagiosa.

La trasmissione avviene generalmente per via sessuale e tende ad agire nell’uomo sullo scroto, la punta del pen e nella donna sulla vulva, la vagina e il collo dell’utero; in entrambi l’uretra e la zona anale e perianale. Si presenta con piccole vescicole raggruppate che tendono a regredire da sole nel giro di una o due settimane. In alcuni casi si manifesta con dolore, bruciore e prurito, in altre con febbre, emicrania, dolori muscolari, difficoltà a urinare.

 

Che cos’è l’Herpes Genitale?

L’Herpes genitale è un’infezione virale di alta frequenza di episodi e avviene durante i rapporti sessuali. Si manifesta con biancastre vescicole raggruppate in un’area infiammata che provocano prurito, dolore e disagio.

 

Quali sono le cause dell’Herpes genitale?

L’Herpes genitale è un virus a trasmissione sessuale. Si trasmette, quindi, durante un rapporto attraverso il contatto della pelle se il partner è malato. Spesso il virus non provoca sintomi e quindi la persona può essere inconsapevole di ospitarlo. Sembra che il virus si trasmetta più facilmente dall’uomo alla donna. Le cause dell’infezione si possono addebitare anche alla debolezza del sistema immunitario, in caso di stress, malattia, durante le mestruazioni.

 

Quali sono i sintomi dell’Herpes genitale?

I primi sintomi dell’Herpes genitale sono dolore e prurito.

A pochi giorni dall’infezione possono formarsi piccole vescicole rosse o bianche. Spesso si formano delle ulcerazioni dolorose superficiali o più profonde, che possono sanguinare. In linea di massimo la guarigione avviene in poche settimane da sole. Nella fase successiva l’infezione tende a recidivare causando sintomi simili a quelli di una influenza;

  • febbre;
  • dolori muscolari;
  • mal di testa;
  • malessere generale;
  • linfonodi inguinali gonfi.

 

Come prevenire l’Herpes genitale?

La prevenzione dell’Herpes genitale è analoga a tutte le altre malattie sessualmente trasmissibili e quindi richiede astensione sessuale quando si sa di essere colpiti dal virus, o l’uso di un preservativo nuovo durante ogni atto sessuale.

Le donne che sono in gravidanza o che sospettano di essere incinta devono avvertire il proprio medico curante che valuterà la necessità di una terapia antivirale.

 

Diagnosi

La diagnosi di Herpes genitale si ottiene con la semplice visita dello specialista. Basta, infatti, l’osservazione della parte malata per giungere alla diagnosi.

Per un accertamento più completo si può eseguire l’esame citologico prelevando le cellule dalle vescicole.

Considerata la remissione spontanea del virus in poche settimane, spesso altri mezzi diagnostici sono superflui. Comunque, è possibile rilevare la presenza precedente o attuale del virus attraverso l’esame del sangue per la ricerca degli anticorpi specifici.

 

Trattamenti

Il trattamento avviene localmente o per via sistemica. Localmente si possono applicare le creme antierpetiche che però non sono utili in vagina o sul collo dell’utero. La terapia sistemica con antivirale tipo Aciclovir permette di ridurre i sintomi ma non previene le recidive.

Gravidanza ectopica

Gravidanza ectopica

 

Quando in gergo medico si parla della cosiddetta “gravidanza ectopica” anche nota come gravidanza “extrauterina” si fa riferimento ad una condizione medica per cui l’impianto dell’ovulo fecondato non avviene nelle sedi preposte ma in locazioni pertinenti alla cavità uterina. Il riconoscimento e il trattamento precoce di questa condizione è un agente protettico che può realmente preservare la possibilità di future gravidanze.

 

Che cos’è la gravidanza ectopica?

Quando l’annidamento avviene al di fuori dell’utero si parla di gravidanza extrauterina (gravidanza tubarica, gravidanza ovarica, gravidanza addominale); si definisce invece “gravidanza ectopica intrauterina” nel momento in cui l’annidamento avviene dentro l’utero ma in sede impropria, come nel caso dell’impianto nel canale cervicale (gravidanza cervicale) o a livello dell’ostio tubarico (gravidanza cornuale).

 

Quali sono le cause della gravidanza ectopica?

Le gravidanze tubariche – ossia la tipologia che gode di maggiore frequenza di gravidanza ectopica, pari a circa il 95% del totale – hanno luogo quando:

La discesa dell’ovulo fecondato verso l’utero viene ritardata o deviata (a causa di lesioni anatomiche, lesioni infiammatorie, alterazioni tubariche congenite, endometriosi o alterazioni dell’anatomia pelvica per pregressi interventi chirurgici).

 

Lo sviluppo dell’ovulo fecondato viene accelerato in modo che raggiunga il grado di maturità necessario all’impianto quando ancora si trova nella tuba.

Le cause alla base delle altre forme di gravidanza extrauterina possono per lo più essere ricondotte agli stessi fattori della gravidanza tubarica. Alcune volte la causa è sconosciuta.

 

Quali sono i sintomi della gravidanza ectopica?

Se la gravidanza è iniziale (4^-6^ settimana), spesso la paziente è asintomatica. Il sospetto della presenza di una gravidanza ectopica viene quindi dato dalla presenza di un test di gravidanza positivo senza la visualizzazione della camera gestazionale all’interno della cavità uterina. SI hanno poi casi evidenti di carenza ematica anche nei suddetti casi registrati di gravidanza ectopica. Nei casi di gravidanza più avanzata, che comporta la progressiva erosione della tuba fino alla rottura, al sanguinamento vaginale, si accompagna importante dolore pelvico e/o addominale. Nei casi più gravi, quando cioè la tuba si rompe, la consistente perdita ematica in addome (emoperitoneo) può comportare vertigini e svenimento fino a un vero e proprio stato di shock.

 

Come prevenire la gravidanza ectopica?

Non si può impedire l’instaurarsi di una gravidanza extrauterina, ma è possibile ridurre alcuni fattori di rischio. Le azioni che possono aiutare ad evitare l’insorgere di gravidanze extrauterine includo la limitazione del numero di partner sessuali e utilizzare il preservativo durante i rapporti sessuali, al fine di prevenire le infezioni sessualmente trasmissibili e ridurre il rischio di sviluppare condizioni come la malattia infiammatoria pelvica.

 

Diagnosi

La diagnosi di sospetta gravidanza ectopica viene essenzialmente effettuata mediante:

L’analisi del valore e delle modificazioni ematiche dell’ormone HCG (l’ormone della gravidanza).

L’ecografia trans vaginale e trans addominale, che permettono di escludere la presenza di camera gestazionale in cavità uterina e di visualizzare la gravidanza in sede ectopica. L’ecografia permette inoltre il riconoscimento di versamenti ematici in sede pelvica e/o addominale.

 

Trattamenti

La gravidanza ectopica può essere trattata:

  • Nei casi precoci, senza alcuna terapia (risoluzione spontanea) o attraverso una terapia medica a base di metotrexate (un chemioterapico che impedisce la crescita cellulare della gravidanza).
  • Nei casi più avanzati o sintomatici, oppure quando la terapia farmacologica ha fallito, tramite la chirurgia laparoscopica. A seconda dei casi, si procede alla rimozione della tuba interessata (salpingectomia) o alla rimozione della sola gravidanza ectopica.

 

Fistola

Fistola

 

Con il termine medico fistola su vuole evidenziare il profilo patologico di ogni tipologia di comunicazione che intercorre tra due o più cavità dell’organismo tra di loro o con le realtà proprie dell’esterno. Le fistole possono formarsi quasi in ogni organo del corpo attraverso meccanismi differenti.

 

Che cos’è una fistola?

Le fistole hanno la definizione di interne nel momento in cui esse fungono da mezzi di comunicazione tra due organi o cavità interne all’organismo, o esterne quando mettono in comunicazione una o più cavità con l’esterno.

E’ anche interessante notare che le fistole si classificano in semplici, quando si ha un unico canale di comunicazione, e multiple o ramificate quando esistono più canali differenti fra questi dati organi o cavità.

Si è in presenza di fistole incomplete nei momenti specifici che danno luogo a situazioni in cui le azioni di fissurazione non possono ancora generare dei canali comunicativi idonei ai loro scopi specifici.

 

Quali sono le cause della fistola?

Le fistole, generalmente, si formano a causa di un processo infiammatorio che viene aggravato da un’infezione con relativo ascesso, che in seguito si rompe provocando la fuoriuscita del pus e, una volta riassorbito lascia uno spazio a forma di tubo che costituisce la fistola.

La fistola può provocare ulteriori infezioni in due casi differenti, nel caso l’infezione sia il continuo regolare o anche meno di una corretta alimentazione organiza alla prosecuzioe dell’infiammazione o quando si debba attuare il passaggio di un dato materiale biologico che ha origine nell’organo o nella cavità fistolizzata. In alcune circostanze, la fistola può guarire lasciando al suo posto tessuto cicatriziale, in altri casi, è possibile che si ripresenti (recidiva) formando così ulteriori fissurazioni e canali. Questa è la causa più comune di fistole multiple o ramificate.

 

Sebbene le fistole possano formarsi in qualsiasi organo o cavità del corpo umano, le sedi più comuni sono:

fistole anorettali, che uniscono l’ano con il peritoneo o con il canale rettale e si formano solitamente dopo ascessi nella zona del retto o dell’ano

fistole sacrococcigee, che mettono in comunicazione l’ano con la zona coccigea e sono usualmente conseguenza delle cisti pilonidali. Sono spesso soggette a recidiva o a formazione di fistole multiple fistole colecisto-duodenali o colecisto-coliche che si formano quando la colecisti, per via dell’infiammazione e dei calcoli, aderisce al duodeno o al colon e si perfora, provocando la formazione di un tragitto attraverso il quale possono migrare i calcoli che saranno espulsi con le feci

fistole rettovaginali, enteroenteriche (fra intestino ed intestino), rettovescicali ed enterovescicali che si formano quando l’intestino è infiammato a causa di malattie come il morbo di Crohn, o i tumori maligni

 

Quali sono i sintomi della fistola?

I sintomi relativi alle fistole variano notevolmente a seconda della sede e della dimensione della fistola in oggetto.

Le manifestazioni più comuni possono variare fra il cattivo odore e la fuoriuscita di pus. In caso di fistole esterne, più evidenti, a dolore, gonfiore e infiammazione di intensità variabile, talvolta anche molto importante.

Dermatite da contatto irritativa

Dermatite da contatto irritativa

 

La dermatite da contatto irritativa è una reazione infiammatoria della pelle dovuta al contatto con sostanze in grado di stimolare una risposta infiammatoria. In seguito al contatto della cute con determinate sostanze si sviluppa una reazione infiammatoria, pruriginosa della pelle caratterizzata dalla comparsa di vescicole.

 

In cosa consiste la dermatite da contatto irritativa?

La dermatite da contatto irritativa si presenta con una reazione della pelle a determinati stimoli chimici o naturali. Ad una prima infiammazione senza preavviso, durante cui la cute subisce arrossamenti e provoca pruriti anche forti, avviene la formazione di particolari vescicole piene di siero: se queste vengono rotte per il grattarsi del soggetto affetto dal disturbo, il siero si rapprende sulla pelle in forma di crostosità appiccicosa. Il grattamento dovuto al prurito intenso può provocare l’infezione della pelle.

 

Quali sono le cause della dermatite da contatto irritativa?

La dermatite da contatto irritativa trova origine nel contatto con sostanze chimiche o ambientali. Tra i primi si annoverano le sostanze acide, alcaline, caustiche, anche di uso comune come quelle utilizzate nelle pulizie domestiche. Anche molti vegetali rilasciano al contatto sostanze che causano improvvisa infiammazione alla pelle.

 

Quali sono i sintomi della dermatite da contatto irritativa?

Generalmente la dermatite da contatto irritativa si presenta con una manifestazione cutanea improvvisa caratterizzata da chiazze rosse, vescicole, desquamazione, erosioni e croste. L’eruzione cutanea causa una sensazione di prurito o calore/bruciore più o meno intensa, spingendo la persona a grattarsi con insistenza.

 

Esistono trattamenti preventivi della dermatite da contatto irritativa ?

L’unica prevenzione contro la dermatite allergica consiste nell’evitare il contatto con le sostante potenzialmente infiammatorie. È consigliabile indossare guanti e indumenti protettivi quando si usano prodotti chimici potenzialmente irritanti o quando si pratica giardinaggio o quando ci si addentra in radure, boschi ecc.

 

Diagnosi

In linea di massima una visita dermatologica può identificare la presenza della dermatite in corrispondenza delle aree in contatto con l’esterno; di solito si tratta di mani, collo, volto. In caso di dubbio con la dermatite da contatto allergica si eseguono i test allergologici epicutanei o patch test.

 

Trattamento

In caso di dermatite da contatto irritativa il dermatologo di solito prescrive

  • gel astringenti a base di cloruro d’alluminio
  • crema Lenitiva a base di ossido di zinco
  • creme cortisoniche per breve tempo (in casi più infiammatori)

Fibrosi cistica

Fibrosi cistica

 

La fibrosi cistica è una patologia di origine genetica che colpisce le ghiandole esocrine, come quelle che producono muco e sudore, e agisce in modo problematico sullle zone di polmoni, il pancreas, il fegato, l’intestino, i seni paranasali e l’apparato riproduttivo.

 

Che cos’è la fibrosi cistica?

I pazienti affetti da fibrosi cistica soffrono di problematiche che portano alla formazione di muco denso e appiccicoso il quale non umidifica le aree superficiali con cui viene in contatto, ma si adagia su esse bloccando di fatto le vie respiratorie e poi tutte le altre conduttore di collegamento e zone del corpo umano. Qualsiasi dotto, inclusi quelli che permettono ai succhi pancreatici di arrivare nell’intestino tenue per partecipare alla digestione, viene ostruito. Ovviu dunque i caratteristici problemi di assorbimento e aumento del rischio di infezioni batteriche che portano a malnutrizione, gravi danni ai polmoni, problemi intestinali e dolori addominali.

 

Inoltre la fibrosi cistica porta a perdere molti sali attraverso il sudore, causando scompensi elettrolitici, disidratazione, aumento della frequenza cardiaca, affaticamento e debolezza, riduzione della pressione sanguigna e colpi di calore. La malattia, infine, può aumentare il rischio di osteoporosi e di osteopenia ed essere associata a problemi di fertilità sia maschili che femminili.

 

Quali sono le cause della fibrosi cistica?

Le cause della fibrosi cistica sono mutazioni nel gene CFTR, che codifica una proteina che controlla il passaggio di acqua e di alcuni sali all’interno e all’esterno delle cellule. La proteina mutata non funziona in modo appropriato e porta alla produzione di muco denso e sudore molto ricco di sali. Le possibili mutazioni a carico di CFTR sono più di mille e possono causare forme di fibrosi cistica di gravità differente. Inoltre anche altri geni possono contribuire alla gravità della malattia.

 

Quali sono i sintomi della fibrosi cistica?

I sintomi della fibrosi cistica cambiano da paziente a paziente e con il passare del tempo.

Nei bambini un primo segnale può essere il sapore salato della pelle o la stitichezza a partire dalla nascita.

 

La maggior parte degli altri sintomi compaiono più avanti nel tempo e possono essere:

a livello dell’apparato respiratorio: l’accumulo di muco denso nelle vie respiratorie e le infezioni ricorrenti e resistenti agli antibiotici, le continue sinusiti, bronchiti e polmoniti frequenti e, in alcuni casi, polipi nasali,ronchiectasie e pneumotorace nell’apparato digerente: diarrea o feci dall’aspetto oleoso e nauseabonde, blocchi intestinali, flatulenza eccessiva e stitichezza grave associati a dolori addominali, carenze nutrizionali che ostacolano la crescita e l’aumento di peso, pancreatite, prolassi rettali, malattie epatiche, diabete e calcoli alla cistifellea nell’apparato genitale degli uomini: l’ssenza del dotto deferente, in quello femminile: blocco della cervice da parte del muco altri possibili sintomi includono l’alterazione dei livelli di minerali nell’organismo, estremità delle dita dilatate (clubbing) e riduzione della densità ossea

 

Come prevenire la fibrosi cistica?

Il rischio di dare vita ad un bambino affetto da fibrosi cistica può essere oggetto di valutazioni specifiche portate avanti grazie alle appropriate analisi del DNA di entrambi i genitori. Il fatto che la malattia offre poche possibilità di analisi in quanto si presenta esclusivamente nei casi in cui tutte e due le copie di CFTR di un soggetto hanno subito mutamenti, se entrambi i genitori sono portatori della fibrosi cistica (ossia hanno entrambi una sola copia di CFTR mutata) per ogni loro figlio la probabilità di essere affetto dalla malattia è del 25%, quella di essere portatore è del 50% e quella di avere entrambe le copie sane di CFTR del 25%.

Analisi genetiche condotte su materiale prelevato durante la gravidanza tramite amniocentesi o villocentesi permettono di stabilire se il bambino sarà sano o affetto dalla malattia e di prendere le decisioni ritenute più opportune.

Cistite

Cistite

 

La cistite è un’infiammazione acuta, subacuta o cronica della vescica ed è per lo più assciabile ad un’infezione batterica, altre volte, anche se con frequenza assai minore, la causa scatenante può essere identificabile nell’assunzione di farmaci o molecole irritanti come prodotti per l’igiene intima o gel spermicidi.

 

Che cos’è la cistite?

L’infiammazione della vescica associata alla zona della cistite può provocare fastidi di varia entità, a volte anche molto dolorosi. Nella maggiorparte dei casi non si tratta di un problema pericoloso per la salute, salvo le casistiche registrate in cui l’infezione arriva ad estendersi anche ai reni.

 

Quali sono le cause della cistite?

La cistite è generalmente sostenuta da germi che popolano l’ultimo tratto dell’intestino; in molti casi il batterio in questione è l’Escherichia coli. Questi microrganismi possono raggiungere la vescica dall’esterno tramite l’uretra, dall’interno attraverso la propagazione da organi vicini, o ancora per via ematica. Più raramente può essere sostenuta da infezioni virali o fungine.

Esistono, però anche forme di cistite non associate a un’infezione batterica. È questo il caso della cistite interstiziale, un’infiammazione cronica della vescica dalle cause non ancora chiarite, probabilmente di origine multifattoriale; della cistite scatenata dai farmaci; della cistite associata a trattamenti con radiazioni; della cistite da sostanze chimiche.

 

Quali sono i sintomi della cistite?

I sintomi principali della cistite includono uno stimolo persistente, frequente e urgente a urinare in piccole quantità e una sensazione di bruciore durante la minzione. A questi si possono aggiungere la presenza di sangue nelle urine, dolore o sensazione di pressione nell’area pelvica, urine opache e dall’odore intenso e una leggera febbre.

 

Come prevenire la cistite?

La prevenzione migliore dei fastidi della cistite è bere molto. Inoltre è consigliabile regolarizzare l’intestino, assecondare lo stimolo alla minzione e pulirsi sempre con movimenti dall’avanti al dietro per evitare che i batteri passino dal distretto anale all’uretra, soprattutto nel caso delle donne. In aggiunta, durante il ciclo mestruale e dopo l’attività sessuale, le norme igieniche vanno rispettate e intensificate. E’ essenziale limitare se non evitare del tutto l’utilizzo di prodotti irritanti. Si deve cercare anche di non trattenere l’urina per troppe ore e svuotare bene la vescica più volte al giorno.

 

Infine, ma non per ultimo, indossare abitualmente indumenti intimi stretti o in tessuto sintetico o anche pantaloni troppo aderenti è pericoloso non solo per il surriscaldamento della zona pelvica, ma anche per l’irritazione locale che questi indumenti possono causare. Il tutto promuove l’insorgenza di disturbi fastidiosi dell’apparato genitale esterno (arrossamenti cutanei, comparsa di prurito e qualche lesione da grattamento) e di conseguenza prepara il terreno ai batteri.

 

Diagnosi

In presenza dei sintomi della cistite il medico può prescrivere in prima battuta l’analisi delle urine e l’urinocoltura per verificare la presenza di batteri e identificarli.

Esami di secondo livello saranno prescritti in base alla storia clinica del paziente al fine di escludere condizioni patologiche pre-esistenti che possono rendere la cistite una loro conseguenza.

 

Trattamenti

In genere la cistite, se scatenata da un’infezione batterica, può essere curata con l’assunzione di antibiotici. Più in generale, il trattamento più adatto dipende dalla causa alla base dell’infiammazione.

Nel caso della cistite batterica la durata del trattamento varia a seconda del tipo e della gravità dell’infezione e dalla storia clinica del paziente.

Il trattamento della cistite interstiziale è più complesso e può prevedere l’utilizzo di farmaci assunti per via orale, instillati o infiltrati in vescica, manipolazioni della vescica stessa o la stimolazione di alcuni nervi al fine di ridurre il dolore o la frequenza della minzione.

Importante escludere e quindi trattare condizioni predisponenti di base che possono essere la causa della cistite stessa.

Cistite interstiziale (Dolore pelvico cronico)

Cistite interstiziale (Dolore pelvico cronico)

 

Con il termine di cistite interstiziale si indica una disfunzione medica cronica nelle pareti pelviche che permette un normale urinare. Il dolore è percepito come costante oppure ciclico da più di sei mesi.

 

Che cos’è la cistite interstiziale?

La cistite interstiziale è una condizione del corpo umano in cui si ha un’infiammatoria cronica della vescica e può affliggere soggetti di qualsiasi età, uomini o donne – anche se si riscontra con maggiore facilità nei pazienti di genere femminile. Al contrario di quanto accade dei casi di soggetti affetti da cistite comune non è causata da stress, viceversa il dolore continuo può causare disturbi psicologici quali ansia e depressione. L’evoluzione della malattia è lentamente ma progressivamente ingravescente, con deterioramento delle funzioni vescicali e ripercussioni che possono avere un impatto negativo sulla qualità della vita.

 

Quali sono le cause della cistite interstiziale?

Le cause che danno origine ai casi di problemi di cistite interstiziale non sono attualmente note del tutto, per lo più si ritiene che la principale causa scatenante possa essere identificabile con l’infezione delle vie urinarie, un intervento chirurgico o anche una malattia virale. L’ipotesi più accreditata resta tuttavia quella del progressivo indebolimento del rivestimento delle pareti vescicali, costituito da glicosaminoglicani, con funzioni di sostegno e protezione. L’assottigliamento dello strato protettivo permette alle sostanze irritanti nelle urine di aggredire le pareti vescicali, innescando un processo infiammatorio.

 

Sintomi

Le statistiche indicano il 33% dei casi presenta una sintomatologia decisamente simile ai sintomi che si manifestano nei casi di cistiti, si presenta dunque una situazione che è associata a stimolo impellente a urinare e dolore durante la minzione. A differenza della cistite comune, però, si ritiene che la cistite interstiziale non sia causata da batteri, e che per questo non risponda alla terapia convenzionale con antibiotici. Il dolore spesso interferisce con la vita sessuale, che risulta ostacolata da questo disturbo. Gli uomini possono manifestare dolore ai testicoli, allo scroto, al perineo o al pube, e avere anche episodi di eiaculazioni dolorose. Pare inoltre che la cistite interstiziale sia associata ad alcune condizioni croniche e sindromi dolorose come la vestibolite vulvare, le fibromialgie e la sindrome del colon irritabile.

 

Diagnosi

Spesso non è semplice arrivare ad una diagnosi. Esami delle urine (urinocoltura, citologia urinaria, ricerca del BK nelle urine) ed ecografie dell’apparato urinario sono utili a escludere altre patologie vescicali con sintomatologia simile. Altri accertamenti sono l’uretrocistoscopia (endoscopia della vescica attraverso l’uretra) in narcosi con distensione della vescica, utile a evidenziare eventuali emorragie puntiformi e ulcere (ulcere di Hunner, dal nome dello studioso che per primo le ha descritte) che sono nettamente pertinenti alla malattia. La distensione della vescica, fatta in anestesia generale e consistente nel riempimento della vescica con una soluzione fisiologica, può inoltre contribuire ad alleviare il dolore. Infine, la biopsia della vescica consiste nel prelievo di un frammento della parete vescicale. Con un esame istologico mirato, è possibile escludere patologie più gravi, nonché la presenza e il grado di infiammazione provocato dalla cistite interstiziale.

 

Trattamenti

Per curare la cistite interstiziale può essere necessario combinare una pluralità di trattamenti. Le terapie possono essere orali, con farmaci che contribuiscono a riparare la mucosa vescicale danneggiata, nonché antidepressivi, antinfiammatori, analgesici, antistaminici. Terapie endovescicali, con instillazione di glicosaminoglicani. Soluzioni a base di acido ialuronico e condroitinsolfato che possono migliorare la sintomatologia. In ogni caso, una diagnosi precoce è fondamentale per evitare danni irreversibili e per individuare il prima possibile una terapia idonea.

Malattia infiammatoria pelvica

Malattia infiammatoria pelvica

 

La malattia infiammatoria pelvica (Pelvic Inflammatory Disease – PID) è un’infezione che colpisce le zone relative all’genitale femminile e la sua origine è identificabile nella presenza di batteri dalla vagina agli organi interni quali utero, tube di Falloppio, peritoneo.

La malattia infiammatoria pelvica, laddove non adeguatamente trattata, può danneggiare gli organi riproduttivi e arrivare anche ad incidere sensibilmente sull’effettiva capacità fertile del soggetto, e il problema diventa ancora più pericoloso nei casi in cui la malattia si ripete con maggiore intensità.

Si tratta anche della prima causa di gravidanza extrauterina, quella in cui l’ovocita fecondato fatica a lasciare la tuba di Falloppio e si impianta qui anziché in utero.

Nella maggior parte dei casi purtroppo è asintomatica.

 

Quali sono le cause della malattia infiammatoria pelvica?

La malattia infiammatoria pelvica è causata da batteri, la maggior parte dei quali a trasmissione sessuale quali Chlamydia trachomatis e Neisseria gonorrhoeae.

La trasmissione può avvenire nel corso di rapporti sessuali non protetti, ma anche in caso di parto, aborto spontaneo, interruzione di gravidanza, utilizzo della spirale contraccettiva.

 

Quali sono i sintomi della malattia infiammatoria pelvica?

La malattia infiammatoria pelvica può manifestarsi con:

Dolore al basso ventre

Minzione difficoltosa e/o dolorosa

Febbre

Perdite vaginali maleodoranti

Sanguinamenti vaginali anomali

Dolore durante i rapporti sessuali

In più dell’80% dei casi però la malattia infiammatoria pelvica è asintomatica.

 

Come prevenire la malattia infiammatoria pelvica?

La maniera più efficace per prevenire la malattia infiammatoria pelvica è l’utilizzo del preservativo nel corso dei rapporti sessuali.

 

Diagnosi

Il ginecologo, a partire da segni e sintomi riferiti dalla paziente, nel corso della visita ginecologica potrebbe prelevare campioni di secreto vaginale e cervicale da sottoporre ad analisi di laboratorio in modo da identificare eventuali microorganismi patogeni. In caso di forte sospetto di malattia infiammatoria pelvica potrebbe decidere di prescrivere terapia antibiotica anche prima di ricevere gli esiti degli esami.

 

Trattamenti

Il trattamento della malattia infiammatoria pelvica prevedere l’uso di antibiotici; la terapia può coinvolgere anche il partner al fine di evitare ulteriori infezioni. Per lo stesso motivo, nel corso della terapia antibiotica è consigliabile astenersi dai rapporti sessuali.

In alcuni casi è necessario il ricovero ospedaliero e la somministrazione di terapia antibiotica per via endovenosa.

Raramente si rende necessario l’intervento chirurgico.

Malattie sessualmente trasmissibili

Malattie sessualmente trasmissibili

 

Le malattie sessualmente trasmissibili (MST), dette anche infezioni sessualmente trasmesse (IST) sono infezioni che si trasmettono per contagio diretto tramite contatto sessuale. Sono in genere causate da batteri, virus e protozoi che passano da un individuo all’altro mediante il passaggio, attraverso le mucose, di liquidi biologici infetti. Queste patologie possono colpire gli organi genitali o altri organi e apparati.

 

Che cosa sono le malattie sessualmente trasmissibili?

L’attività sessuale gioca un ruolo fondamentale nella diffusione di queste infezioni, ma è possibile essere infettati anche senza contatto sessuale: è quello che accade, ad esempio, nel caso di trasmissione da madre a bambino durante la gravidanza o il parto (trasmissione verticale), attraverso trasfusioni di sangue infetto o tramite l’uso di aghi o strumenti chirurgici non adeguatamente sterilizzati (tatuaggi).

 

Quali sono le cause delle malattie sessualmente trasmissibili?

Le infezioni sessualmente trasmesse possono essere causate da:

batteri (gonorrea, sifilide, clamidia);

virus (Papillomavirus umano, herpes genitale, Hiv, epatite A, B e C);

protozoi (come la tricomoniasi).

funghi (Candida Albicans)

 

Quali sono i sintomi delle malattie sessualmente trasmissibili?

Le infezioni sessualmente trasmesse possono passare inosservate per lungo tempo. Segni e sintomi possono comparire, a seconda del tipo di infezione, da alcuni giorni ad alcuni anni dopo l’esposizione. Alcune infezioni sono banali e si risolvono in pochi giorni (è il caso per esempio della Candida Albicans), o qualche settimana, senza lasciare conseguenze. Altre volte (come nel caso dell’HIV o della sifilide) la progressione della patologia può portare a complicanze serie e alcune volte letali. Alcune di queste infezioni possono decorrere in modo del tutto asintomatico per molto tempo, pur conducendo a serie alterazioni funzionali di alcuni organi con decadimento della loro funzione (è il caso per esempio dei danni a carico delle tube da parte della Clamidia Trachomatis, con conseguente infertilità).

 

Particolare attenzione si deve prestare a determinati segni:

piaghe sui genitali, nella zona rettale o nella zona orale

bruciore o dolore alla minzione

secrezioni dal pene

perdite vaginali (leucorrea)

perdite vaginali ematiche

ingrossamento dei linfonodi, soprattutto nell’area inguinale

dolori pelvici, accompagnati in alcuni casi a febbri persistenti o a diarrea

rash cutaneo su tronco, mani o piedi

 

Come prevenire le malattie sessualmente trasmissibili?

La prevenzione è fondamentale per evitare l’insorgere delle infezioni sessualmente trasmissibili. Ci sono diversi modi per evitare o ridurre il rischio di sviluppare queste malattie:

Astensione dall’attività sessuale “a rischio” (evitare rapporti sessuali occasionali, utilizzare in modo corretto il preservativo).

Vaccinazioni: per prevenire l’infezione da Papillomavirus umano (Hpv), da epatite A e da epatite B è possibile vaccinarsi.

Evitare l’uso di droghe o l’abuso di alcol, il cui effetto può favorire l’adozione di comportamenti sessuali azzardati o pericolosi.

Evitare la condivisione di tutti quegli oggetti – tra cui rasoi, forbici, aghi, spazzolino da denti – che possono penetrare la cute o le mucose.

Se si è deciso di eseguire un tatuaggio, accertarsi che vengano messe in atto correttamente le procedure per la disinfezione e sterilizzazione dello strumentario.

 

Diagnosi

Al fine di arrivare ad una diagnosi precisa di un’infezione sessualmente trasmessa è possibile eseguire diverse tipologie di indagine quali:

  • esame obiettivo specialistico
  • esami del sangue
  • analisi dell’urina
  • esami di campioni di fluidi biologici

 

Trattamenti

Il trattamento varia a seconda dell’infezione che affligge il soggetto. Le malattie sessualmente trasmissibili causate da batteri sono generalmente più facili da curare, mentre le infezioni virali possono essere seguite nel tempo, ma non sempre curate.

 

Nel caso delle infezioni sessualmente trasmesse causate da batteri e protozoi vengono impiegati antibiotici somministrati per uso locale o sistemico. È preferibile astenersi dall’attività sessuale fino al completamento del trattamento e alla regressione delle eventuali lesioni.

 

Nel caso di infezioni virali vengono impiegate terapie antivirali (come nel caso dell’Herpes) o trattamenti chirurgici locali (come nel caso dell’HPV).

Nel caso del virus dell’Hiv: nonostante non siano ancora state messe a punto terapie in grado di eliminare definitivamente il virus, le attuali cure riescono a tenerlo sotto controllo per molti anni e la mortalità causata da questa malattia è decisamente calata negli ultimi decenni.

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